Reduce ormai dalle ferie estive devo confessare che gli impegni di lavoro hanno mitigato gli effetti del non necessario, eppure inevitabile, bilancio golfistico personale. Se da una parte ho goduto delle esperienze sensitive che descriverò in questo secondo quaderno golfistico, dall’altra non posso non pensare con certo affetto ad una quantità non indifferente di palle che ho abbandonato al loro destino in ‘rough’ propri di una savana, boschi con fogliame più proprio dell’autunno che delle·’Feriae Augustae’, laghi e laghetti ben forniti nonostante l’allarme siccità nella Penisola iberica ed anche le fredde acque del Mar Cantabrico.
Mi accingo così a dedicare l’ultimo quaderno alla relativamente poco conosciuta (all’estero) regione della Cantabria, dopo aver menzionato il Club di Golf più antico e famoso, il Real Club de Golf de Pedreña, descrivendo il più recente campo di lusso, il Santa Marina Golf di San Vicente de la Barquera ed il primo campo municipale inaugurato in Spagna, il Campo Municipal de Golf Mataleñas di Santander (città). I due campi hanno in comune una relazione con il golfista di Pedreña più emblematico e carismatico (soprattutto per il pubblico amante del golf), Severiano Ballesteros, di cui ho scritto nel quaderno precedente. Colgo l’occasione per rettificare una errata: il primo ferro di Seve non era un ferro 7 ma un ferro 3, regalato dal fratello Manolo (come ricorda lo stesso giocatore: “sicuramente scartato da qualche giocatore al quale mio fratello faceva da ‘caddie’) quando aveva solo 8 anni ed aveva cominciato, seguendo le orme familiari, come ‘caddie’ nel Club di Golf di Pedreña).
L’errata è abbastanza grave vista da un vero golfista. In effetti come ricorda lo stesso Ballesteros nella sua autobiografia: “Il 3 è una mazza da golf lunga molto difficile da controllare soprattutto per un bambino, però ciò non mi importava. I bisognosi non scelgono (…) Penso che l’aver avuto una sola mazza per praticare e che questa fosse un ferro 3 ha contribuito a che imparassi molto di più in meno tempo. (…) il ferro 3 mi ha apportato enormi vantaggi, in effetti grazie a questo sviluppai le abilità di improvvisare e di immaginarmi i colpi più caratteristici che hanno determinato la mia carriera di giocatore professionista”.
Il lettore a questo punto può arrivare, come l’autore, a due conclusioni. La prima: se il primo ferro di Seve fosse stato un ferro 7 (come erroneamente da ma accennato e ferro decisamente molto più facile) probabilmente oggi l’aeroporto di Santander non si chiamerebbe ‘Severiano Ballesteros’. La seconda: se non avessimo acquistato una sacca completa, carrello, ombrello, scarpe anti scivolanti, pantaloni, maglietta, calze e ‘cap’ combinati alla perfezione, al giorno d’oggi non ci sarebbero aeroporti sufficienti da dedicare ai nostri nomi.
Il campo di Santa Marina, inaugurato il 21 dicembre 2011, è l’unico campo di 18 buche disegnato da Ballesteros nella sua terra di Cantabria, ubicato vicino a due bellissimi paesi costieri, San Vicente della Barquera e Comillas (quest’ultima, ad oggi ancora meta di un turismo di classe, è stata indicata dal National Geographic come “il paese più bello dove viaggiare in agosto” o la “Nuntucket de la costa quebrada” e dove si può ammirare, tra altri monumenti architettonici, una villa disegnata dal famoso architetto modernista catalano, conosciuta come “El capricho de Gaudì”), e nel mezzo del Parco Naturale di Oyambre. Il paesaggio è degno di un gran campo di golf, terreno ondulato, boschi, corsi d’acqua ed una splendida vista sia sulle montagne dei ‘Picos de Europa’ che sul mare non lontano.
L’entrata al club da una strada provinciale, quasi campestre, rende l’dea dell’esclusività. Protetta da una barriera che si apre con chiave magnetica per i soci o grazie al citofono con la ‘club house’, l’area di partenza è dotata di un parcheggio con posti di ricarica per le automobili elettriche ed un facile accesso attraverso un sentiero adiacente ad una cappella (del secolo XVI) che giustifica il ‘Santa’ ed un campo di ‘croquet’ mantenuto come un tappeto persiano. La casa club è una ‘casona montañesa’ (ovvero un edificio in pietra caratteristico della regione), coetanea della cappella, ben restaurata e con i servizi di bar e ristorante. Come mi spiega il direttore del campo, Mariano Saiz Vega (maestro di golf, membro della Pga, originario di Pedreña e, come no, legato a Seve), attualmente il club conta 1200 soci ed è attivamente impegnato a promuovere il turismo di lusso legato al golf (con un ‘green fee’ di 200 euro quest’estate, si posiziona chiaramente come club esclusivo).
Interessante l’iniziativa di un accordo con il Real Club di Golf di Pedreña e con il ristorante tri stellato ‘El cenador de Amós’ dello chef Jesús Sanchez per l’offerta di un pack che include un green fee in ogni campo ed una cena nel prestigioso ristorante. Venendo al campo, il mitico Seve diceva: “Sono molto soddisfatto per il lavoro svolto. È un percorso naturale, dove si è cercato di mettere in gioco tutte le particolarità del terreno. Ho giocato in molti campi e, oggettivamente, non conosco nessuno che conti dei par 3 all’altezza di quelli di Santa Marina.
D’altra parte i par 5 non sono difficili ad eccezione del 9 dove bisogna pensare alla strategia più adeguata. I par 4 sono anche molto completi e molto equilibrati”. Realmente il percorso, con un par 71, è corto ma molto, molto tecnico. Seve sottolinea la necessità di pensare una strategia per la buca 9 ma credo che tutti saremmo d’accordo che a Santa Marina bisogna riflettere su ogni colpo per uscire indenni dall’impresa. In effetti mi dicono che anche giocatori esperti devono ripetere il percorso almeno due o tre volte prima di veder migliorare i propri risultati.
Si pensi che la velocità dei green, grandi ed ondulati, è di 9.9 (11 durante le competizioni). La buca del 4, un par 3 denominata ‘la cueva’ (la caverna) ha una distanza dai battitori gialli di solo 111 metri ma francamente mette soggezione. Il green, mosso e in discesa, è protetto da un autentico fossato ed immesso in un’arena di roccia e boschi (dai quali non sorprenderebbe scorgere le rovine di una piramide Maya…). Mi viene in mente l’insegnamento militare svizzero: “ein schuss ein treffer” (un colpo un colpito) o il titolo di un film di tanti anni fa: “Dio perdona, io no”. Questa buca 4 inaugura il ciclo delle buche 4,5 e 6 che Ballesteros comparava con l’ “Amen Corner” del Augusta National. Per quanto riguarda la buca 19, varie fonti coincidono nell’indicare, oltre al ristorante del club, i ristoranti Las Redes y el Bogaboa (un ‘must’ anche per la ‘chef’ Cristina Oria di Madrid in occasione dei suoi viaggi al nord della Spagna).
Anche se la Spagna è un paradiso del golf e la maggior parte dei percorsi più famosi sono situati nel sud del Paese, penso che i giocatori più accaniti non dovrebbero perdere l’occasione di cimentarsi con questo campo e di ricordare con il sudore, il mal di testa ma anche con il piacere di un campo in perfette condizioni e una vista magnifica, la figura del mitico Severiano Ballesteros (la cui grande statua in bronzo domina al lato del pro shop del club).
Tornando ora a Santander, descriverò un campo a mio avviso veramente straordinario, soprattutto per la sua ubicazione, adiacente alla città e letteralmente circondato dal mare. Il campo è stato costruito infatti in una penisola che chiude la baia del Sardinero (la zona delle spiagge di Santander dove si trova oggi il Gran Casino del Sardinero, inaugurato nel 1916) e dalla quale si ha una vista sulla baia, la penisola della Magdalena (con il palazzo donato a suo tempo alla famiglia reale spagnola), ed i fari dell’isola di Mouro e quello del ‘Cabo Mayor’).
Un autentico lusso per la vista che accompagna il giocatore ad ogni buca. Ricordo ancora che verso la fine degli anni ‘80 la penisola ospitava un campo pratica. In effetti a quei tempi, in occasione del successo internazionale di Seve, il sindaco di Santander, Juan Hormachea (politico emblematico e stacanovista che fu non solo sindaco ma anche presidente della Regione della Cantabria), aveva iniziato un progetto di una scuola di golf diretta da Baldomero Ballesteros, fratello maggiore di Seve, non andato poi a buon fine, con il ritiro nel 1984 di Baldomero per screzi con il sindaco, il quale, imperterrito decise di proseguire da solo. Nel 1985 inizia la costruzione del campo da golf, finalmente inaugurato con 9 buche nel 1986 e come primo campo municipale di tutta la Spagna, diretto, dall’inizio e ad oggi, dal maestro giocatore membro della Pga Miguel Angel Raba Miñan, originario, come no, di Pedreña. Ricordo bene di aver praticato prima e poi giocato nel nuovo campo l’estate della sua inaugurazione. È stata la prima volta (e sinceramente l’ultima) che ho pensato che il golf fosse un gioco estremo e pericoloso.
In effetti i 15 ettari della penisola erano totalmente spogli di vegetazione e il campo occupato da giocatori neofiti che si dedicavano ad incrociare le traiettorie delle rispettive palle da una buca all’altra (senza il rituale grido di ‘fore’, direi ora per fortuna perché altrimenti invece di un campo di golf Mataleñas sarebbe stata famosa come teatro dell’opera corale), lasciando poco tempo per collocarsi in uno ‘stance’ per la preoccupazione di schivare le palle altrui.
Ora è tutt’altra cosa. Il club conta 1250 abbonati (è arrivato ad averne 1500) e nel campo giocano in media 200 giocatori al giorno, che si traduce nel ‘rating’ percentuale più alto della Spagna. Indispensabile riservare in anticipo il Tee Time (online è possibile fino a tre giorni prima, per telefono non è sempre facile a dipendenza dell’occupazione della linea). A partire dalle 08:30 è già schierata la vecchia guardia dei giocatori abbonati abituali. Con partenze ogni 8 minuti (dunque con Tee Time degni delle Ffs) e generalmente con partite di quattro giocatori è indispensabile evitare ad ogni costo il gioco lento onde evitare le sfuriate degli ‘habitués’.
Il campo presenta le sue difficoltà: le buche dall’1 al 3 (due par 4 ed un par 3) presentano i ‘farways’ decisamente con una pendenza in discesa da sinistra a destra (che al ritorno, nella buca 7 è da destra a sinistra). I greens sono piccoli, con pendenze pronunciate e molto protetti da bunkers. Il colpo d’approccio deve essere quindi molto preciso per evitare di vedere la palla entrare nel green per poi lasciarlo rapidamente e scendere, scendere fino quasi al mare. L’impresa non è facile, non solo per la posizione dello ‘stance’, spesso inclinata, ma anche per i venti che soffiano sul campo, in particolare da Nord-Est. Secondo Miguel, la buca più difficile è la 6, un par 4 di 329 metri con il green sopraelevato e super protetto da bunkers. A mio modesto parere, l’incubo è piuttosto la buca 7, par 4 più corto (283m) ma con il fairway totalmente inclinato da destra a sinistra (ovvero con alte probabilità che la palla scenda fino al fairway della buca 3), con la linea di fuori limite a destra ed un piccolo green sopraelevato (molto se la palla è scesa a sinistra) sempre super protetto da bunkers.
La buona notizia per chi fosse interessato a cimentarsi con questo campo e godere della vista eccezionale che offre sono i prossimi lavori (iniziano verso ottobre per circa 8 mesi con un budget di 750.000 euro) di rimodellamento dei 9 green (due saranno ricollocati) che saranno più grandi, più rapidi e con migliori ante-greens.
La buca 19 di Santander non è sufficiente: ce ne vorrebbero almeno altre 17, tanti sono i posti di interesse gastronomico in una terra che gode di prodotti squisiti sia del mare che della montagna. Brevemente: vicinissimo al campo ed ubicato proprio sulla seconda spiaggia del Sardinero si trova il ristorante, con una stella Michelin, El Serbal, un ‘must’. Sempre nel Sardinero trovate De Luz, un ristorante situato in una delle tipiche villette del quartiere ‘aristocratico’ (nei pressi del palazzo della famiglia dei banchieri Botin e del Gran Hotel Palacio Real), con un bel giardino ed una carta interessante.
Per gli amanti del pesce, nel centro di Santander (zona di ‘Puertochico’), posso raccomandare La Bombi. Al lato si trovano un locale che ha combinato lo spaccio di prodotti gourmet con dei tavoli dove si possono degustare prodotti locali e buoni vini, Mi Alacena (ho incrociato anche la sindaco di Santander all’ora di cena). Troverete invece il Seve Ballesteros dei sommeliers spagnoli ed una cantina eccezionale presso La Cigaleña.
Non lontano, un bar con una incredibile selezione di ostriche e degli ottimi gamberi (di Huelva) marinati, La Mar. Finalmente, una taverna rustica, aperta da almeno 40 anni nella calle de Tetuán, originalmente di pescatori, ma dove si può mangiare un ‘bogavante azul’ (astice blu) di più di 2 chili mostrato vivo prima di finire ai ferri: il Marucho ‘de toda lavida’. Ma, come dicevo, di ristoranti e bar a Santander ce ne sono per tutti i gusti e per ripetere anno dopo anno. Firmo così la ‘score card’ di questo tour golfistico per la Cantabria (ho tralasciato qualche altro percorso per ovvie ragioni di spazio) pronto per presentarmi al tee del prossimo quaderno golfistico: Madrid.
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