Se la luce, principio vitale e spirituale, è la materia prima con cui, al di là della tecnica e della poetica, nessun’espressione artistica può esimere dal misurarsi, quando il fenomeno visivo viene eletto a esplicito centro di indagine, non è semplicemente una questione formale che si affronta, ma un assoluto: l’origine stessa dell’esistenza, la sua manifestazione. Dalla luce ultraterrena dell’oro divino alla limpida precisione fiamminga, dalle più drammatiche enfatizzazioni barocche sino alle codificazioni scientifiche dell’ottica, non è mai la padronanza tecnica il fine ultimo di un anelito che della Verità ambisce a cogliere almeno l’umano riflesso.
La nuova mostra della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati presenta uno dei più alti momenti di questa ricerca. L’accostamento fra le Compenetrazioni iridescenti di Giacomo Balla (1912) e le Trame di Piero Dorazio (1958-1963) è la rivelazione di un’affinità elettiva che apre un nuovo fronte nello studio della storia dell’arte, acclarando il ruolo antesignano giocato dal primo, alle soglie della sua stagione futurista, nell’intuire, se non ancora nell’estrarre, la radice dell’astrattismo, e la capacità del secondo di sviluppare, cinquant’anni dopo, la novità profonda della lezione di quelle ‘notazioni’ geometriche e cromatiche.
Proprio Dorazio ha condotto Danna Olgiati a guardare ‘sotto una nuova luce’ a Balla, artista che nel suo stesso percorso professionale e personale rappresenta un autore incipitario, oggetto di intenso studio sin da quando, giovane laureata, si impegnò nel lavoro di schedatura e archiviazione per il suo catalogo ragionato, trascorrendo mesi a casa delle sorelle Balla. Ancora oggi è considerata una pubblicazione di riferimento, edita nel 1982 dalla Galleria Fonte d’Abisso di Modena, della quale Danna era contitolare e che è stata la prima a documentare il legame tra futurismo e avanguardie europee, ‘teatro’ anche dell’incontro, nel 1985 al Salone d’arte internazionale Sima di Venezia, con Giancarlo, che lì giungeva invece nella sua prima avventura da collezionista seguendo i passi di Armand.
Dorazio ha permesso a Danna Olgiati di evidenziare non il Balla delle Velocità e di altre straordinarie opere che sono il nucleo fondante della Collezione costruita insieme al marito, ma quello delle Iridi, nome originario con cui Balla faceva riferimento agli studi, per lo più affidati a semplici fogli di un taccuino per schizzi, che poi nel 1951 sarebbero stati ribattezzati, più liricamente, Compenetrazioni iridescenti. Risalgono al soggiorno dell’artista a Düsseldorf dove, invitato a decorare il villino della famiglia Löwenstein, raccogliendo gli stimoli artistici che gli offriva la scena tedesca e quanto portava con sé dalla precedente esperienza parigina a contatto con le conquiste del neoimpressionismo e con gli esiti più avanzati delle ricerche dell’ottica, a sua volta sembra passare al microscopio la rifrazione luminosa, come un alchimista allo studio dello spettro cromatico, per poi riprodurre tecnicamente nel suo taccuino quanto quella ricognizione scientifico-anatomica gli dischiudeva: la componente di Verità e Mistero che accomuna tutta la grande pittura. Non è un caso che Duchamp – dell’arte moderna iniziatore concettuale – riconoscesse nel 1913 proprio a Balla il merito di averlo introdotto all’astrattismo. Non fu che una brevissima parentesi, un semestre tra il luglio e il dicembre del 1912, che non resterà però isolata, ma germoglierà nell’esperienza futurista, che della luce pulsante farà la sua materia, come poi molte altre avanguardie.
Quando nel 1951 Dorazio, appena trentenne, frequentando l’atelier di Balla, scopre queste composizioni sino ad allora neglette, la sua viva intelligenza ne fa il vettore di nuove esplorazioni. Nelle opere che ne nascono, la verità annunciata da Balla si fa rivelata. Una tessitura, come suggerisce il titolo Trame, di linee verticali, orizzontali e diagonali che intrecciano strato su strato colori primari e complementari nelle combinazioni dell’iride, dilatando nello spazio tra fondo e superficie la percezione visiva. Da leggere singolarmente come anche nelle sequenze cromatiche che formano affiancate, a suggerire una ricerca sempre aperta, proprio come quei varchi – montaliane smagliature nella rete – che introducendo un’irregolarità, un improvviso scarto di registro, svelano la struttura interna, configurandosi come epifania della coscienza.
Proprio le opere di Dorazio offrono una chiave d’accesso più immediata alla mostra, per poi convogliare l’attenzione sul discorso più analitico di Balla. Un’esposizione che, dall’intuizione iniziale di Danna Olgiati, è stato possibile realizzare grazie alla preziosa curatela di un’intima amica dei coniugi, Gabriella Belli, tra le maggiori storiche dell’arte italiana del Novecento, contando sulla determinante collaborazione dell’Archivio Piero Dorazio con il prezioso apporto di Francesco Tedeschi, curatore del catalogo ragionato su Piero, nonché sul contributo speciale della Gam di Torino, che ha concesso in prestito di quasi tutte le più importanti Compenetrazioni iridescenti. In totale, compreso l’apporto anche di altri collezionisti e musei, una ventina di esemplari per ciascuno dei due autori, tutti di altissimo valore.
Altrettanto fondamentale nel rendere quest’esposizione una delle più riuscite e importanti che il Ticino abbia saputo offrire negli ultimi anni è l’allestimento ideato da Mario Botta che, maestro dello spazio, ha vinto la complessa sfida non solo di far coabitare ma di far interagire opere di due scale talmente dispari da rischiare di annichilire il confronto – poco più che cartoline quelle di Balla, grandi come manifesti le tele di Dorazio. Enucleando la matrice del triangolo, Botta è riuscito a porre in intima e chiara relazione le due serie, valorizzando ciascuna nella sua dimensione e preziosità e, al contempo, creando una relazione tanto spaziale quanto concettuale. Figura geometrica basilare della sintassi artistica di Balla, che non esita a investirla anche degli echi misteriosofici ai quali non era impermeabile, il triangolo torna per sottrazione nei pattern di Dorazio, fenditura che ne va vibrare le tessiture pittoriche. Elevato alla tridimensionalità del cuneo, modella il vasto spazio onnicomprensivo del -1, creando due condizioni espositive complementari: nicchie bianche, compresse, per Balla; grandi superfici nere, in primo piano per Dorazio, che rispecchiano le rispettive identità e, al contempo, garantiscono un rimando percettivo e visivo continuo. Da scoprire fino al prossimo 14 gennaio (aperta da giovedì a domenica, 11-18, ingresso gratuito).
Perfetto il titolo scelto per la mostra, Dove la luce, incipit di una lirica di Ungaretti, che nel 1971 venne inserita nella raccolta La luce. Poesie 1914-1961 (Erker Presse, San Gallo), illustrata da 13 litografie a colori proprio di Dorazio, del quale Ungaretti fu amico, così come fu anche grande estimatore di Balla, tributando proprio alle sue ricerche sulla luce tutto l’afflato della sua altissima prosa critica nell’introduzione che nel 1968 scrisse per il volume di Virginia Dortch Dorazio (moglie di Piero) Balla Futurista. An Album of His Life and Work. “Dove la luce” risuona allora non come un interrogativo, ma come la rivelazione che la sola Arte può manifestare, nella sua sintesi di spazio e tempo, di forma e concetto. Illuminando d’immenso.
La nuova mostra della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati segna uno degli apici delle tante eccellenti esposizioni che i coniugi hanno proposto nei dieci anni dall’accordo siglato con la Città di Lugano, che non solo si è così garantita un futuro lascito di immenso valore, ma ha compreso di potersi avvalere sin da subito del patrimonio di conoscenze e della capacità di visione dei due donatori. Un valore attestato anche di recente dall’ambito premio Rinascimento+ un importante riconoscimento internazionale che ha reso omaggio alla loro pluriennale attività improntata al mecenatismo, proprio nella città che ne detiene il primato, Firenze. Il direttore del Museo del Novecento, Sergio Risaliti, ha sottolineato la straordinaria rilevanza della Collezione, dalle avanguardie storiche al contemporaneo, progetto di una vita e risultato di capacità e sensibilità uniche. A ulteriore conferma, proprio Collezione Giancarlo e Danna Olgiati è stata selezionata grazie al suo importante corpo di opere di Arte Povera, come ‘co-protagonista’ del nuovo documentario prodotto da Michele Bongiorno che, in viaggio tra Piemonte, Svizzera e Stati Uniti, racconterà quanto questa stagione abbia profondamente influenzato lo sviluppo dell’arte contemporanea. Sarà distribuito nel 2025 nelle sedi artistiche e di comunicazione più importanti al mondo.
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