La Svizzera è uno Stato fondato sul rispetto delle peculiarità dei Cantoni che lo compongono. Caratterizzato da importanti differenze geografiche, culturali e linguistiche, per il suo buon funzionamento e per l’effettiva messa in pratica delle decisioni statali è fondamentale che sia quindi autenticamente federale e rispettoso della ripartizione del potere tra Confederazione, cantoni e comuni. Soprattutto nella gestione e pianificazione del territorio, questi principi sono stati però in questi ultimi anni sminuiti da un’evoluzione più da Stato centralista che federale.
L’esempio dei rustici ticinesi, paragonabile – non però per l’intensità e la rigidità dell’intervento della Berna federale – ai mazot vallesani e ai maiensässe grigionesi, è emblematico. La Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt), entrata in vigore nel 2014, e il Piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (Puc-Peip) hanno ristretto – di molto – le possibilità di recupero di edifici non più necessari all’agricoltura, ma degni di protezione già solo per scongiurare l’inselvatichimento dei nostri monti e la distruzione di un patrimonio storico, in cui affondano le nostre radici. Il risultato è quindi quello di una miriade di stabili che stanno diventando degli inutili edifici diroccati e altri colpiti da ordini di ripristino, anche magari per aver agito secondo principi di conservazione del territorio e della nostra memoria storica, ma lievemente al di fuori di quel quadro giuridico restrittivo o in comparti esterni al Puc-Peip.
Un segnale incoraggiante, in controtendenza, è giunto lo scorso mese di giugno dal Consiglio nazionale, che ha approvato nella revisione in corso della Lpt – che per altre possibilità di costruzione al di fuori delle zone edificabili è invece previsto diventi ancor più restrittiva – l’introduzione della particolarità degli edifici degni di protezione, nel senso che siano ‘conservate’ (e non che debbano restare ‘immutate’) le caratteristiche essenziali dell’aspetto esterno, della struttura edilizia e dei dintorni.
Soprattutto nella gestione e pianificazione del territorio, il principio del federalismo, su cui si fonda il sistema politico svizzero, è stato in questi ultimi anni sminuito da un’evoluzione più da Stato centralista. L’esempio dei rustici ticinesi è emblematico
Su questa base, ancora da approvare dal Consiglio degli Stati, bisognerà poi lavorare anche all’attualizzazione del Puc-Peip e sul rapporto del Cantone Ticino con l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (Are), in modo da arrivare a un’effettiva protezione del nostro territorio e non continuare con una sterile disputa che si sta dimostrando, per quello scopo, inefficace.
Lo stesso discorso vale per lo spinoso tema del dimensionamento delle zone edificabili, che la legge federale impone di adattare tenendo conto dell’effettiva necessità in base alle previsioni statistiche di sviluppo demografico su 15 anni. Con l’approvazione della relativa scheda (R6) del Piano direttore cantonale, sottoposta il 27 giugno 2018 dal Consiglio di Stato al Gran Consiglio per decisione sulle opposizioni che erano state presentate (da quest’ultimo evase dopo quasi tre anni), il Consiglio federale ha imposto al Canton Ticino di far capo ai nuovi scenari demografici pubblicati dall’Ufficio federale di statistica nel 2020, che sulla base dell’andamento degli anni precedenti prevedevano un aumento della popolazione cantonale più contenuto rispetto alle proiezioni del 2015, utilizzate per l’allestimento, nel 2017, della scheda del Piano direttore.
Il risultato potrebbe quindi essere quello di una paralisi del potenziale di sviluppo di diverse zone del Cantone Ticino, che fossero confrontate con l’esigenza di ridurre le capacità edificatorie prima di poter modificare in modo sostanziale il Piano regolatore, mentre Oltralpe, ad esempio, Zurigo, Berna, Losanna e Ginevra continuano con la loro espansione, attirando in tal modo sempre più iniziative economiche e abitanti (che, per inciso, a seguito di altro effetto perverso della Lpt faticano ormai a trovare alloggio), grazie a situazioni geografiche e sociali sostanzialmente diverse da quelle di un piccolo cantone alpino di frontiera qual è il Ticino.
Come detto, si tratta di una gestione viepiù centralistica di temi che invece necessitano anche di tenere in debita considerazione le caratteristiche regionali, se non si vuole acuire il divario tra cantoni ricchi e cantoni poveri, tra città e campagne o tra montagna e pianura, a tutto svantaggio della coesione nazionale e dell’autenticità del nostro Stato federale.
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