Questo non è il solito articolo agiografico sull’intelligenza artificiale (Ia) e sulle famigerate blockchain. Tuttavia, queste tecnologie esponenziali cambieranno il modo in cui si commercia, interagisce, ama e vive, più di quanto si osi immaginare. In particolare, cambieranno tre pilastri dello stare insieme in qualità di cittadini, rendendoli più ‘liquidi’, cioè più ampi nella loro portata, più veloci nella loro esecuzione e capaci di far esplodere, nel bene e nel male. Si tratta di identità, proprietà e lavoro. Tutti diritti fondamentali, almeno nel mondo occidentale.
Un passo indietro. Chi siamo, cosa possediamo e cosa facciamo per vivere sono definiti da un’infrastruttura giuridica che è stata perfezionata nel tempo. Come cambierebbe il mondo con l’adozione, in ambito pubblico e privato, di registri decentralizzati e di un’informatica intelligente, in grado di tracciare, apprendere, riprodurre e fornire una raccomandazione, se non un’azione, a partire da una grande quantità di dati, in tempo reale?
La tecnologia ha sempre ridefinito, e ampliato i poteri dell’umanità. Gli enormi guadagni di produttività realizzati con l’industrializzazione e poi con l’informatica sono stati il principale motore della crescita, dell’aumento della natalità, dell’alfabetizzazione e della ricchezza. È il tempo dell’Homo Tech Sapiens.
Chi siamo, cosa possediamo e cosa facciamo per vivere sono definiti da un’infrastruttura giuridica perfezionatasi nel tempo. Come cambierebbe il mondo con l’adozione, in ambito pubblico e privato, di registri decentralizzati e di un’informatica intelligente in grado di reagire einteragire in tempo reale?
Chi sei? Quando un bambino nasce, qualcuno, armato del proprio documento d’identità, si reca ad annunciare che un nuovo “corpo” è venuto al mondo. Si concede l’identità, e si approva formalmente l’essere parte di una comunità. Nel tempo questo non è cambiato molto.
Qualcuno deve ancora verificare l’identità, così da concedere i documenti, o frequentare l’università, essere assunto e beneficiare di una pensione. Lo Stato nazionale rimane l’arbitro in caso di controversie, e giustamente considerate le istituzioni internazionali che ci sono. Si è persa l’opportunità di concordare, come comunità globale, su di un nucleo di diritti inalienabili di ogni uomo, con pochissime eccezioni (una di queste è l’Unione Europea). Hannah Arendt sottolinea questa occasione mancata nel suo libro La banalità del male (1963). L’identità futura è come un’opera teatrale, che si sviluppa in due atti.
Nel I, Una sola chiave, per tutti e per tutto. I controlli d’identità mirano a verificare l’identità fisica, ossia che il corpo che si ha di fronte sia effettivamente chi dice di essere. Grazie alle tecnologie esponenziali, la mia identità fisica può essere o sarà verificata facilmente e rapidamente, grazie a una chiave unica (un portafoglio), protetta su blockchain. È come avere un unico “log-in” per tutti i prodotti e servizi, pubblici e privati. L’intelligenza artificiale scorrerà i miei dati e le app a cui ho dato all’intelligenza artificiale il permesso di usare a nome mio, e certificherà che sono chi dico di essere, più velocemente di qualsiasi autorità, i cui molteplici database sono isolati e richiedono molto lavoro. Lo stesso varrà per tutte le aziende private (o interfacce, nel mondo digitale), dove dovrò accedere ripetutamente, perché non si parlano tra loro, essendo, per l’appunto, territori privati.
Quindi, cosa significa tutto questo, direte voi? Innanzitutto, saremo in grado di accelerare a dismisura la procedura tradizionale di identificazione di una persona (in carne e ossa). Senza ricorrere a casi d’uso complessi, pensiamo al rinnovo di un passaporto. In Occidente ci vogliono settimane per ottenerne uno nuovo e qualche decina di euro in spese amministrative. Qual è il problema? La manodopera umana e i controlli su più database, soprattutto per esaminare i dati personali del richiedente, tra cui il suo record criminale. La tecnologia può ridurre a zero l’attesa e i costi di questo processo. Potremmo finalmente dare un’identità, grazie all’eliminazione delle barriere di tempo e costi, a circa un miliardo di persone che oggi non hanno alcuna identità, secondo il World Economic Forum (WEF). In secondo luogo, le identità digitali degli esseri umani saranno verificate attraverso un protocollo KYC (Know Your Customer) e un protocollo antiriciclaggio (AML), come già avviene per alcuni exchange di criptovalute o applicazioni basate sulla blockchain. Un unico “log-in”, o chiave, apre nuove possibilità per la nostra vita digitale, ampliando la velocità e la liquidità delle nostre attività commerciali e contribuendo alle nostre comunità. Domanda: di chi è la chiave?
Nel II, Un’Id digitale per agenti digitali. Ora, facciamo doppio clic sul concetto di azione di qualcuno in digitale. Se un companion digitale e indipendente, un copilota o un avatar – qualunque sia il nome che gli daremo in futuro, ovviamente alimentato dall’intelligenza artificiale – agisce online, dovrà essere identificato e le sue azioni tracciate e disciplinate. Ora abbiamo la potenza di calcolo per farlo. Per essere chiari, se sto parlando con una macchina, voglio saperlo.
Abbiamo già degli attori nella nostra vita, che non esistono fisicamente. Pensiamo allo Stato, che è completamente intangibile. Anche le società sono un’invenzione umana. Non esistono, eppure portano con sé responsabilità e valore, che si ritrovano nei loro statuti e nei rapporti finanziari. La tecnologia darà vita a nuovi esseri digitali, totalmente indipendenti dal mondo fisico, che potranno aiutarci e sostenerci. E se mi dicessero “no”, dall’approvazione del passaporto a un colloquio di lavoro, dall’attraversamento dei confini nazionali all’assegnazione di risorse? Chi detta i criteri e le liste di priorità per l’assegnazione di un rene o l’accesso alla terapia intensiva durante il prossimo Covid? Devono esistere delle regole per definire ciò che la macchina deve fare e chi è in primo luogo. Dove sono basati questi copilot? In base a quali principi e leggi saranno giudicati?
Dobbiamo concordare nuove identità, con diritti e doveri, degli agenti digitali, a livello nazionale, regionale e internazionale. Abbiamo bisogno di trasparenza su tutto ciò che fanno. La decentralizzazione della blockchain e l’etica nello sviluppo dell’AI sono caratteristiche essenziali di qualsiasi prototipo di nuova identità digitale. Stessa domanda per l’ID digitale: chi la possiede?
Res digitalis. Nel mondo di oggi è fondamentale tenere una traccia di ciò che si ha, le proprietà devono essere protette, ma anche tassate. Questo non cambierà, se non in portata, velocità, e liquidità, da qui l’urgenza di mappare tutto. Specie se si considera che secondo il Wef sono oltre due miliardi le persone estranee alla rete finanziaria, e dunque non possiedono nulla, e due terzi la superficie terrestre priva di registrazione dei diritti di proprietà dei terreni. La tecnologia può essere parte della soluzione.
Nell’ecosistema della proprietà intellettuale (Ip), ad esempio, la blockchain può creare e mantenere in modo sicuro database interconnessi e distribuiti, sia per i diritti registrati, come brevetti, marchi e design industriale, sia per i diritti di Ip non registrati, come il copyright, i diritti di design o i segreti commerciali. Ciò comporterebbe una riduzione della complessità e dei costi associati al processo di registrazione, e consentirebbe ai titolari di avere un migliore controllo sulla loro Ip, e persino di produrre smart contract per potenziali transazioni future. Diversi uffici di proprietà intellettuale, tra cui l’Euipo, hanno già implementato alcuni registri alimentati da blockchain. La rivoluzione è già iniziata, e porta con sé la necessità di assicurarsi che i dati siano corretti e accurati, quando registrati. Grazie alla tecnologia, vi sarà trasparenza su identità e proprietà. Sarà noto chi è chi, e cosa possiede, ma si tratterà anche di essere pagati per ciò che si ha.
Nell’ecosistema della proprietà intellettuale (Ip), ad esempio, la blockchain può creare e mantenere in modo sicuro database interconnessi e distribuiti, sia per i diritti registrati, come brevetti, marchi e design industriale, sia per i diritti di Ip non registrati, come il copyright, i diritti di design o i segreti commerciali
Pay per view. C’è di più. Si vivrà in un mondo di agenti e proprietà digitali. Ad esempio, il costo di acquisizione di un nuovo fan nel lusso, a livello digitale, supera i 100 dollari a persona, con il conto pagato da qualsiasi marchio a caccia di nuovi utenti, e la maggior parte dei benefici inghiottiti dalle piattaforme dominanti, ovvero Meta, Google o Tik-Tok. Al pari dei dati concessi gratuitamente per addestrare i modelli linguistici dell’Ia.
In futuro si dovrà avere un maggiore controllo sulla vita online. È un diritto fondamentale. Una nuova legge sui diritti dovrebbe ridefinire chi possiede ogni azione in digitale, e il mercato dovrebbe essere lasciato libero di pagare equamente i proprietari e i creatori. La blockchain ha la caratteristica fondamentale di tracciare ogni interazione tra i portafogli (wallet) su di un registro pubblico.
È quindi necessario concordare nuovi standard internazionali, per consentire ai diritti di proprietà digitale di circolare in modo sicuro, tutti disintermediati ma legalmente applicabili in qualsiasi giurisdizione. La Res digitalis è importante quanto qualsiasi altra ‘Res’ privata e pubblica.
Labora et labora. Non si lavora solo per una passione o un talento naturale. È il privilegio di pochi, del resto gli Elon Musk sono rari. Si lavora perché si invecchia. Si scambia lavoro per denaro, gioventù per sicurezza futura, tasse pagate oggi per assegni pensionistici futuri, con i Governi e i fondi pensione. Questo è il menu più comune di contratti sociali.
Il lavoro è anche radicato nel Dna biologico, almeno da quando l’Homo Sapiens è diventato sedentario, come spiega Yuval Noah Harari, autore di Sapiens: A Brief History of Humankind (2011). Il lavoro non è altro che un sinonimo di decenza umana. Il lavoro organizzato è uno dei pilastri della società moderna e il principale motore del valore economico e della condivisione delle conoscenze tecniche. Se però il mondo si muove verso lavori digitali, qualcosa dovrà essere aggiornato anche in termini di diritti.
È sempre difficile prevedere il futuro, ma probabilmente il modo di lavorare diventerà una sorta di perpetuity. Le creazioni digitali di ognuno non periranno e potranno essere tracciate per sempre, generando così diritti, benefici e pagamenti al log-in digitale che le ha possedute. L’intento non è quello di distruggere l’attuale sistema di sicurezza sociale, perché non funziona. Funziona, a patto di avere contribuenti onesti e un sano ricambio generazionale. La tesi è che il sistema attuale potrebbe non sopravvivere ai cambiamenti demografici e alla natura deperibile dell’essere fisico.
Id, Ip & $. Come logica conseguenza, se si riesce a identificare ‘chi è chi’ e a dare pieno accesso alle loro proprietà a tutti, si sbloccherà un enorme valore. Si vivrà in un’economia liquida, più veloce e più efficiente. Ma il capitalismo del futuro, prima di tutto digitale, dovrà essere completamente decentralizzato, con tutte le transazioni compensate in modo equo. Le risorse per farlo si troveranno, e già esiste la tecnologia per tracciare anche le transazioni più piccole. Il margine operativo di Meta su ogni click è di circa il 100%, secondo il fondo di Vc a16z.
Il denaro deve seguire la ownership del lavoro, e andare al giusto lavoratore o proprietario. Non c’è bisogno di un nuovo patto generazionale, ma piuttosto di rafforzare i principi stabiliti nell’ultima serie di riforme della legge sul diritto d’autore, che ora consentono ai creatori di seguire il denaro generato dalle vendite successive e dall’uso della loro opera digitale al di là del primo cessionario. Anche in questo caso, la tokenizzazione può essere lo strumento adatto per implementare questo fondamentale compenso per il lavoro digitale, andando ‘oltre’ i cinque grandi custodi del mercato, Alphabet, Meta, ByteDance, Amazon, Apple.
È sempre difficile prevedere il futuro, ma probabilmente il modo di lavorare diventerà una sorta di perpetuity. Le creazioni digitali di ognuno non periranno e potranno essere tracciate per sempre, generando così diritti, benefici e pagamenti al log-in digitale che le ha possedute
I creatori digitali hanno ora la possibilità di scambiare le loro creazioni su blockchain, di tracciarle, di seguirne la circolazione e di riscuotere i pagamenti per ogni successivo passaggio di proprietà, istantaneamente. Questo droit de suite universale può essere realizzato solo attraverso la blockchain. La tecnologia non ha senso. Qual è il suo scopo? Principalmente generare efficienza e produttività sufficiente a stimolare la crescita; e secondo Gartner un terzo del Pil statunitense è bloccato da controlli e dazi superflui.
Le blockchain diventeranno presto l’infrastruttura tecnologica preferita da tutte le imprese, senza la necessità di utilizzare criptovalute e password di quattordici parole per ogni account. L’intelligenza artificiale penetrerà progressivamente nelle imprese, rendendole efficienti e d’impatto. E poi? Va ricordato che la tecnologia non ha obiettivi o logiche, bisognerà quindi scriverle e dargliele. L’Ue sta (sovra) regolamentando il regno digitale, ed è all’avanguardia nelle leggi sull’Ia, ma bisogna resistere alla tentazione, e definire pochi e semplici principi, con relativi doveri e responsabilità.
Con una nuova Magna Charta dell’identità, della proprietà e del lavoro, che includa e compensi equamente tutti coloro che giocano nell’arena globale digitale, si potrà godere di una liquidità completa, senza il retrogusto dell’attuale sistema digitale oligopolistico. Liquidità significa che sarà facile capire chi siamo, con chi parliamo, cosa possediamo e cosa riceviamo. La buona notizia è che si può scegliere. Il gioco chiamato ‘liquidità’ è iniziato soltanto adesso. Le regole possono ancora essere cambiate.
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