Tecnologia e digitalizzazione nell’arco degli ultimi decenni sono state gli assi portanti della crescita economica mondiale, registrando un percorso di sviluppo esponenziale di cui hanno beneficiato sostanzialmente tutti i Paesi, seppur in misura anche molto diversa. Paradossalmente ad averne maggiormente tratto beneficio, a dipendenza dei punti di vista, sarebbero gli Emergenti, con centinaia di milioni di persone uscite da una condizione di povertà endemica. Questo ovviamente grazie all’aprirsi delle economie, e dunque anche a un pervasivo diffondersi di tecnologie sempre più moderne ed efficienti, sulle ali della fu globalizzazione.
Negli ultimi anni lo sviluppo tecnologico è andato assumendo una portata e un’incidenza sugli equilibri della società moderna sotto molti aspetti impensabili anche soltanto qualche decennio fa, con riflessi, seppur ancora visti solo dalla superficie, che promettono di scuotere alle fondamenta intere industrie. La nuova rivoluzione alle porte, a essere onesti ha fatto il suo esordio nel 1956 a Dartmouth, dunque definirla ‘nuova’ appare quanto meno pretestuoso, è ovviamente l’Intelligenza Artificiale, in tutte le sue sfumature, e con tutti gli interrogativi che solleva.
Il rischio, ricorrente nella storia, è però di sovrastimarne l’impatto, nel bene e nel male, e restare con un pugno di mosche in mano. Del resto, pur senza amici e colleghi digitali che indubbiamente rivoluzioneranno il mondo nei prossimi anni, molto è stato fatto. Tra le più recenti conquiste, armato di calcolatrice e compasso, e di una potenza di calcolo milioni di volte inferiore a quella di un semplice iPhone, nel 1969 l’uomo è sbarcato sulla luna.
Eppure con strumenti ancora diversi, e almeno tecnologicamente molto meno potenti, il mondo antico non sembra avere nulla da invidiare ai successi contemporanei, indice del fatto che ‘c’è sempre un’altra via’, anche nel più improbabile dei modi. Del resto, intorno al 240 a.C. il matematico greco Eratostene arrivò a calcolare la circonferenza terrestre con una sorprendente precisione, sbagliando di appena 700 km, degli oltre 40mila poi confermati. Al pari, ancora nel I secolo a.C. era possibile trovare e consultare uno dei 700mila ‘volumi’ della biblioteca di Alessandria, almeno stando alle stime di Plinio il Vecchio, senza bisogno di un computer, rintracciando una data informazione con un’apprezzabile precisione.
Senza bisogno di ricorrere al supporto di robot industriali, e super calcolatori, i romani erano stati invece in grado di costruire oltre 100mila km di strade lastricate, cifra destinata a raddoppiare se si prendono in considerazione anche quelle sterrate, tutte però tracciate su mappe, e collegate da oltre 2mila ponti. Sono invece probabilmente 800 i km degli acquedotti (il più lungo, l’Aqua Marcia, superava i 90), con una pendenza costante di pochi centimetri per km dalla fonte al centro urbano. Progettati evidentemente senza l’ausilio di alcuno strumento digitale si trovano l’Anfiteatro flavio, il meglio noto Colosseo, con i suoi 100mila metri cubi di travertino, e 350mila di mattoni, per un’altezza di quasi 50 metri; o ancora, il Pantheon, con la sua cupola emisferica di 43,3 metri (al pari di altezza e profondità), che rimane a tutt’oggi un miracolo d’ingegneria, umana, con rari eguali.
Passando per le diverse rivoluzioni industriali, e dunque dal carbone e dal vapore, l’uomo nel corso della sua storia ha raggiunto conquiste assolutamente straordinarie nel campo del sapere e della conoscenza, potendo spesso contare solo su sè stesso, e tra le ultime ovviamente l’aver sviluppato in oltre mezzo secolo quella che oggi si definisce Intelligenza Artificiale Generativa, un passo in avanti rispetto a quella delle origini, ma qualcosa di cui non dovrebbe temere il confronto. Per quanto di Artificiale abbia infatti sempre meno rispetto alle origini, emulando molti ‘meccanismi’ umani, il che è certamente un bene, al tempo stesso di Intelligenza continua a non avere molto, anche senza addentrarsi nello scivoloso campo delle definizioni.
È probabilmente la prima delle domande, la più semplice e complessa. Cos’è l’intelligenza artificiale? «Rispetto a quella delle origini, dunque nel 1956, l’Ia ha cambiato molte volte pelle, e oggi ne esistono diverse classificazioni. La prima che è stata sviluppata è oggi definita come ‘debole’, ossia risolve problemi specifici, quella ‘forte’, oggi definita anche ‘General’, è molto più brava a risolvere problemi, e per molti versi è più generalista. La prima vera Artificial General Intelligence è stata sicuramente chatGpt, non è ancora competente ma può ambire a diventarlo. A oggi è un agente conversazionale, sa dunque dialogare, e lo fa bene, nonostante sia ampiamente inaffidabile non essendo ancora in grado di ragionare davvero», sottolinea l’esperto dell’Idsia.
Entro l’insieme dell’Ia Generale, si trova quell’applicazione che tanto ha fatto parlare di sé, una sottocategoria abbastanza particolare: quella Generativa. «La Generative Ai è una forma di Ia che utilizza diversi tipi di tecnologia, e che ad esempio crea contenuti in diverse forme, immagini, codici, testi… sino a ieri presidio esclusivo di operatori umani, e anche molto specializzati. I grandi passi in avanti che sono stati di recente compiuti nel campo del machine learning e delle tecnologie cloud hanno reso accessibili al pubblico applicazioni oggi note, come Gpt-4 di Open Ai, Megatron di Nvidia e Titan di Amazon. Modelli addestrati a elaborare incredibili quantità di dati e calcoli, per eseguire molti compiti», conclude il Managing Partner di Deloitte Consulting Switzerland.