Interno, giorno, sala riunioni. Intorno a un tavolo due startupper (1-2), un avvocato esperto in Ip (Avv) e un ingegnere brevettista (Ing).
1: La corporate identity è pronta. Vorremmo solo registrare il marchio per ‘essere a posto’.
Avv: Prima di avviare la creazione della corporate identity avete fatto svolgere una verifica di anteriorità sul brand che avete scelto?
1: Abbiamo dato un’occhiata su Google ed è tutto a posto. La nostra strong value proposition è la nostra innovativa piattaforma software, e i nostri contatti con gli investitori.
Ing: Avete pensato a coprire gli elementi rilevanti del Vostro software con un brevetto?
2: No, ci hanno detto che purtroppo il software non si può brevettare.
Ing: Chi ve l’ha detto?
2: La software house che ci ha realizzato i moduli x e y. Sono entusiasti anche loro del progetto e vorrebbero prendervi parte.
Avv: C’era un accordo con loro per la realizzazione di questi moduli?
2: Abbiamo sottoscritto il loro.
Questa conversazione replica fedelmente alcune conversazioni reali. Spoiler: le cose stanno per andare male.
Capita spesso di avere a che fare con una start up innovativa, quando ci si occupa di Proprietà Intellettuale. E, quando capita, è spesso l’inizio di una bella avventura insieme: si conoscono nuove persone, persone che mettono le proprie competenze, il proprio tempo, e i propri soldi in un progetto imprenditoriale con potenzialità, e le si accompagna in questo percorso, dalla protezione dell’innovazione tecnologica, al brand, al contatto con gli investitori. Si comincia con un Nda, con il deposito di un brevetto o di un marchio e, quando va bene, dopo qualche tempo, i brevetti si estendono, si scrivono contratti di licenza, di servizi, si fanno entrare nuovi finanziatori. Una start up innovativa è basata su una o più idee, e queste idee devono essere protette. Nell’economia contemporanea, i prodotti e i processi industriali sono sempre più fondati su beni immateriali, cioè informazioni e patrimoni di conoscenze generati dall’attività creativa e inventiva delle persone. Tra questi elementi immateriali, alcuni sono tutelabili, attraverso i diritti di Proprietà Intellettuale (Dpi), come brevetti, marchi, disegni e modelli, diritti d’autore e segreto industriale.
Investire in un’idea, ricercare soluzioni operative e presentarsi a un investitore con un brillante business plan, ma senza aver verificato i propri asset Ip, non è una scelta saggia
Più o meno tutti hanno un’idea della funzione dei principali diritti Ip: i segni distintivi, come marchi registrati e nomi a dominio, contraddistinguono i prodotti, i servizi e la ‘sede virtuale’ di un’azienda, differenziandoli da quelli dei competitor.
I brevetti (e i modelli di utilità) tutelano le innovazioni tecnologiche. I design/modelli che proteggono la forma esteriore. Il copyright, infine, oltre che per le opere letterarie e musicali, è utilizzato per proteggere i programmi software.
Non molti, invece, hanno avuto l’occasione di riflettere a fondo sul reale valore dei diritti Ip: in quanto veri diritti di proprietà consentono di impedire ai terzi non autorizzati di beneficiare dello sforzo creativo di ricerca e di sviluppo sostenuto, preservando la propria competitività.
Inoltre, i diritti di proprietà intellettuale rappresentano di per sé un valore economico, e possono costituire fonti di reddito addizionali, attraverso il loro sfruttamento diretto o indirettamente tramite la stipulazione di accordi con terzi (contratti di cessione, di licenza, di franchising, merchandising, co-branding).
Infine, un patrimonio di proprietà intellettuale è uno strumento chiave per attrarre investitori: solo in questo modo si può avere la garanzia che gli investimenti siano posti in asset futuri, e non sfumeranno a causa di contestazioni e dispute.
Investire in un’idea, ricercare soluzioni operative e presentarsi a un investitore con un brillante business plan, ma senza aver verificato i propri asset Ip, non è una scelta saggia, può portare problemi potenzialmente fatali per l’esito dell’impresa.
In primo luogo, perché gli investitori accorti usano effettuare una due diligence sugli asset di proprietà intellettuale di una start up. In secondo luogo, perché i problemi vengono facilmente al pettine: ricevere una contestazione sulla titolarità del brand che è al centro di una piattaforma e-commerce (ed essere costretti a chiuderla) o sulla titolarità del codice sorgente, non è un bel modo per cominciare la propria vita di startupper, e troppo spesso, significa doverla terminare in fretta.
Per muovere i primi passi nella direzione giusta è fondamentale quindi consultare dei professionisti del settore, che espongano soluzioni e costi in modo trasparente: le spese iniziali sono contenute, e vengono offerte opzioni che tengano conto del budget a disposizione.
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