TM   Maggio 2024

Le balene ci salveranno

Nonostante infiniti meeting e dibattiti, il problema è sotto gli occhi di tutti da decenni: le emissioni non si possono tagliare, e anzi continuano a crescere. Assurdo? Logico e normale. Un’analisi di Ettore Accenti, esperto di Tecnologia.

di Ettore Accenti

Esperto di tecnologia

balene energia

Il titolo sembra una provocazione, ma proprio non lo è; si riferisce ai tanto declamati cambiamenti climatici e alla loro origine antropica che si cerca di limitare con convegni, incontri politici e le più bizzarre soluzioni. In quarant’anni di vuote discussioni e decisioni quasi sempre inefficaci, se erano 23 i miliardi di tonnellate di Co2 emessi in atmosfera, oggi si è sopra i 40. Non male!

Europa e Svizzera hanno preso decisioni, e non solo loro, per ridurre drasticamente tali emissioni e fermare l’incremento della temperatura media che attualmente supera gli 0,1 gradi centigradi ogni 10 anni, anche a costo del nucleare. Tutto bene e tutto condivisibile, ma come la si mette se i ‘vicini di cortile’ come la Cina di miliardi di tonnellate ne emettono 11, mentre la Svizzera solo 0,03? Per non parlare di altri grandi Paesi come India e Africa, in fase di formidabile sviluppo.

Si è soliti affermare che se il vicino sporca il suo giardino non per questo noi non si debba tenere il nostro pulito. Eticamente più che corretto, ma se si dispone di un giardino di 100 mq e il vicino lo ha di 20 chilometri quadrati, qual è il rischio che la sporcizia del vicino ‘scavalli’?

Allora, cosa c’entrano le balene? A questa domanda si risponde ricordando dell’esistenza di un ciclo naturale dell’anidride carbonica che gestisce l’equilibrio del carbonio a lungo termine, in buona parte grazie agli oceani dove il fitoplancton e altri organismi marini ne assorbono 10 miliardi di tonnellate annue. Tra questi volonterosi organismi ci sono anche le balene, e non certo con la loro respirazione, ma incrementando con le loro deiezioni lo sviluppo di quel fitoplasma che poi esegue l’importante compito di assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera.

Cosa c’entrano le balene? A questa domanda si risponde ricordando dell’esistenza di un ciclo naturale dell’anidride carbonica che gestisce l’equilibrio del carbonio a lungo termine, in buona parte grazie agli oceani dove il fitoplancton e altri organismi marini ne assorbono 10 miliardi di tonnellate annue. Tra questi volonterosi organismi ci sono anche le balene, e non certo con la loro respirazione, ma incrementando con le loro deiezioni lo sviluppo di quel fitoplasma che poi esegue l’importante compito di assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera

Da abili distruttori gli uomini le hanno decimate, e ora il loro contributo in questo senso è veramente modesto. Si citano le balene pur nella consapevolezza che nessuna fabbrica al mondo sia interessata a ‘produrre’ balene, purtroppo, e che dunque anche questi formidabili mammiferi andranno verso l’estinzione. Eppure sono ormai decenni che il dibattito prosegue, toccando puntualmente tutto l’incredibile ‘arsenale’ dei problemi.

Le plastiche, dieci volte più economiche dei materiali che hanno sostituito: si discuteva della necessità di riciclarle nei corsi di chimica applicata quando frequentavo il Politecnico di Milano, non molto dopo che il chimico italiano, Giulio Natta, prese il Nobel nel ’63 per il Moplen, una plastica dalle proprietà che ne permettevano l’uso in sostituzione dei metalli e che la pubblicità definiva ‘indistruttibile’. Dell’importanza di doverlo riciclare a fine vita nel giusto modo ce ne si è accorti solo quando si è formata nel Pacifico un’isola di rifiuti, molti di plastica, grande come l’Europa.

Un semplice esempio, un modo per sottolineare come la cara comunità umana non sia cambiata dal tempo in cui l’Homo sapiens è diventato stanziale intorno a 12mila anni fa, quando s’inventò l’agricoltura e cominciò a conquistare i terreni, occupandoli per coltivare. In fondo fu allora che nacquero i confini, e le moderne nazioni per difenderli. Ah! Li stiamo ancora difendendo, con ambigui risultati. La differenza con quei lontani tempi consiste nel fatto che oggi si ha anche una bella fantasia per non risolvere i problemi comuni come i cambiamenti climatici, l’inquinamento e altre questioni che coinvolgono l’intero pianeta: si sono inventati i ‘comitati internazionali’ e per l’ambiente le annuali Cop (Conference of the Parties) di cui la prima a Kyoto nel ’97.

L’umanità dai tempi di Kyoto (era il 1991) ha colto l’evidenza delle cause del riscaldamento globale dell’atmosfera dovuto alle attività industriali e ha proposto misure di contenimento che, nonostante gli ingenti investimenti che raggiungono oggi i triliardi di dollari all’anno, si sono dimostrate di scarsa efficacia. Perché? Le emissioni sono proporzionali ai consumi e nessun Governo può proporre di ridurli, ma solo di delocalizzarne una parte (cfr. le auto elettriche).

Aumentare l’idolatrato Pil rimane e rimarrà il mantra di tutti, a eccezione di qualche santone buddista, di qualunque moderno eremita e gruppi di innocenti studenti che albergano in sacchi a pelo fuori dai grandi convegni.

A riprova, si possono dividere gli investimenti per promuovere il mantenimento o la riduzione della percentuale di gas serra nell’atmosfera in due grandi categorie: azioni sulla produzione industriale e azioni sulla natura perché ne aumenti l’assorbimento. I numeri dimostrano cosa l’umanità prediliga fare!

Principali investimenti (in miliardi di dollari annui) per ridurre le emissioni: Solare 300-400; Eolico 100-150; Efficienza edifici: 240; Efficienza industria: 60-120; Auto elettriche: 70-100; Trasporto pubblico: 70-100; Mobilità ciclabile: 30.

Principali investimenti per aumentare l’assorbimento di Co2? Agricoltura/forestazione 50-150; Stoccaggio di Co2 10-30. Semplice, no?

L’effetto serra in atmosfera è innescato principalmente e in ordine di importanza da anidride carbonica (Co2), Metano (Ch4) e Protossido di azoto (N2O) attualmente presenti per 420 ppm, 2 ppm e 0,33 ppm (ppm = parti per milione).

L’anidride carbonica di origine antropica è dimostrata essere la causa principale dell’aumento della temperatura media che attualmente oscilla tra 0,1 e 0,2 gradi ogni 10 anni. È infatti l’industrializzazione iniziata a metà del XIX secolo ad avere innescato l’alterazione naturale del ciclo dell’anidride carbonica, che consiste nel processo di emissione e assorbimento di circa 300 miliardi di tonnellate di Co2 emessa e riassorbita dal sistema Terra ogni anno.

L’entità ultimamente aggiuntasi a questo ciclo da parte umana si aggira tra i 30 e 40 miliardi di tonnellate annue che per il 2023 si sono così distribuite in miliardi di tonnellate: Cina 13; Stai Uniti 5,6; Ue 7; India 3; Russia 1,8; Germania 0,7; Brasile 0,5; Italia 0,33; Francia 0,3; Polonia 0,32; Spagna 0,22; Svizzera 0,033.

Quella di Parigi del 2015 (Cop 21), vista a posteriori è forse la più comica, e non perché le decisioni non fossero corrette, ma perché non se ne è verificata alcuna. La più giusta fu quella di convincere, finanziandoli, i Paesi del terzo mondo a non utilizzare le fossili, in cambio di 100 miliardi di dollari annui. Sfido il lettore ad andare a controllare quanto i Paesi ricchi abbiano realmente versato in dieci anni per ottenere quel risultato.

Aggiungo poi che il numero delle persone che consumano un 30esimo di quanto i Paesi avanzati consumano sono 2 miliardi e dividendo il totale per il loro numero di abitanti a emergere è qualcosa di molto analogo a: “non siate ingordi come siamo stati noi e ciascuno di voi riceverà 50 dollari all’anno!”. E comunque non vedranno neanche quei 50 dollari.

Non volendo essere completamente pessimista sulla possibilità che il consesso degli Homo sapiens che attualmente calpestano il pianeta non trovino un qualche modo per attenuare i loro nefasti effetti, ritengo si possa trovare un equilibrio accettabile tra l’ineluttabile aumento termico antropico e le azioni per contenerlo. Una modesta opinione potrebbe essere che, date le enormi risorse che si spendono allo scopo, le si divida meglio tra gli investimenti per migliorare l’efficienza dei consumi (auto, riscaldamento, ecc.) e l’aiutare la natura a fare di più col favorire gli effetti delle foreste, degli oceani, dei suoli e, perché no, anche delle balene.

 

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