Nell’attuale contesto di mercato, come è possibile generare rendimenti superiori ai mercati obbligazionari governativi e corporate senza essere esposti alle variabili tipiche di tali asset class, ossia rischio di duration e rischio di credito? Come sostituire parte dell’esposizione obbligazionaria di un portafoglio multi-asset senza rinunciare ai rendimenti correnti? Una risposta c’è, ma richiede un cambio di prospettiva da parte dell’investitore.
Occorre guardare al mondo delle fusioni e acquisizioni (M&A), in particolar modo alle operazioni ufficialmente confermate dalle società, ma non ancora perfezionate perché in attesa delle autorizzazioni, del voto degli azionisti e degli altri passaggi necessari. In questi casi le azioni dell’acquisita trattano a sconto rispetto al prezzo offerto in quanto esiste un rischio residuo che la transazione possa fallire, ad esempio per problemi di antitrust, di azionisti contrari, o settoriali.
Per l’investitore che compra questi titoli, lo sconto (‘spread’) rispetto al prezzo di M&A rappresenta il rendimento, come accade nel mondo obbligazionario per gli zero-coupon bond. Sebbene ottenuto attraverso posizioni in azioni, questo rendimento da arbitraggio non è guidato dalla dinamica dei mercati, il successo dell’operazione dipende infatti principalmente da fattori regolamentari.
Anche la perdita in caso di fallimento del deal è stimabile con una buona approssimazione, infatti le azioni della società obiettivo ritornerebbero dove si trovavano prima dell’annuncio dell’operazione, con i dovuti aggiustamenti per gli utili annunciati e per i multipli correnti. Si capisce perciò come questi eventi siano di tipo binario: se l’operazione viene completata, l’investitore è remunerato dallo spread, mentre se fallisce registra una perdita quantificabile. Nel mezzo c’è poco altro, se si è disposti a mantenere le posizioni fino alla conclusione dell’operazione, che tipicamente ha un orizzonte molto breve, spesso inferiore ai 6 mesi.
La strategia d’investimento di ‘merger arbitrage’, che aggrega molte operazioni di M&A a sconto, offre il beneficio di un orizzonte d’investimento breve e spread superiori a quelli impliciti nell’obbligazionario corporate (spread medio del 5% sopra risk-free negli ultimi 5 anni).
Anche l’investimento in corporate bond, se fino a scadenza, potrebbe essere visto come evento binario (rimborso o default), ma l’orizzonte è pluriennale e l’investitore è esposto a un importante rischio di duration. Il rischio di default di un emittente di bond potrebbe altresì essere assimilato a quello di fallimento di un’operazione, ma nel caso del credito, il ciclo economico è la variabile determinante, mentre nel caso dell’M&A a determinarne l’insuccesso sono fattori specifici della singola operazione.
In quanto tali, i rischi sono diversificabili se si dispone di un numero di posizioni abbastanza elevato, perciò un portafoglio ‘merger arbitrage’ ben diversificato può offrire rendimenti superiori all’obbligazionario, una sensitività molto ridotta al rischio tasso, e una marcata decorrelazione rispetto alle principali variabili finanziarie che non influiscono direttamente sull’esito della singola transazione.
Quindi quale rimane il fattore determinante per il successo di tale strategia? La disponibilità di M&A è cruciale per ottenere un’adeguata diversificazione, ma la stretta monetaria ne ha fortemente ridotto il numero nel 2023. Se il rialzo dei tassi dovesse terminare, come nelle attese, la strategia ne trarrebbe beneficio, aumenterebbero le operazioni da parte dei fondi di private equity, e in ultima analisi, sarebbe un ottimo momento per investire.
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