TM   Giugno/Luglio 2024

La medicina personale

Sollecita l’attualità: il settore delle life science. Un settore in forte sviluppo, cresciuto per importanza e ampiezza durante la pandemia, che si conferma tra i più competitivi, produttivi e dinamici in questa fase storica ed economica.

di Simona Galli

Comunicazione & Relazioni esterne di AitiServizi

Cristina Morelli
Cristina Morelli, Ceo & Scientific Director di Aretè Solutions.

Nelle biotecnologie c’è una grande richiesta a livello di ricerca e sviluppo, ma alle life science guarda ampiamente anche il settore della produzione farmaceutica, sia per i principi attivi e intermedi sia per i farmaci ‘finiti’. E non solo.

Cristina Morelli è ceo & scientific director di Aretè Solutions, una Contract Research Organisation (Cro) in fase di start-up, volta a garantire alle aziende un supporto a 360° nei diversi ambiti connessi alla ricerca clinica con farmaci, dispositivi biomedicali e trattamenti clinici. Le aziende vengono accompagnate nelle fasi della pianificazione e dello sviluppo dei loro rispettivi prodotti: sia per gli aspetti teorici dell’impostazione regolatoria e metodologica sia per gli aspetti pratici dell’organizzazione e dello svolgimento delle sperimentazioni e degli studi clinici, a livello nazionale ed internazionale.

Quale la possibile evoluzione della realtà aziendale che rappresenta?
Essendo Aretè Solutions una società di servizi, l’unico vero ‘prodotto’ è rappresentato dalla professionalità del suo team: la crescita dell’azienda corrisponde, de facto, alla crescita qualitativa e quantitativa delle sue risorse umane. Nell’ottica di mantenere una struttura centrale snella e molto diversificata, in azienda sono presenti le funzioni chiave, ovvero quelle che assicurano le attività ‘core’. Puntiamo a potenziare gli ambiti ad elevato moltiplicatore nelle sperimentazioni cliniche, come l’area regolatoria, quella del monitoraggio e del Data Management.

Un ambito e un’attività che hanno una vocazione internazionale…
L’operatività a livello internazionale è basata su un network di partner locali, destinato a consolidarsi sia in termini di estensione geografica che di attività delocalizzate. Basandoci sull’esperienza pregressa del nostro team, focalizzata su clienti in ambito internazionale, possiamo contare su una rete di contatti al di fuori della Svizzera. Oggi siamo intenti a radicarci sul territorio, orientati ai potenziali clienti presenti in Ticino, e al tipo di supporto che una realtà come Aretè Solutions può fornire loro.

Quali sono gli aspetti positivi, di questo territorio, per chi fa impresa? 
Offre un tessuto molto favorevole per chi fa impresa, anche in ragione di servizi e strutture di riferimento che sono di indubbio sostegno ai diversi ambiti correlati all’imprenditoria. Per avviare una start-up, non ci si interfaccia con singoli referenti, bensì ci si muove in una rete di supporto interconnessa, che offre indicazioni, rassicurando. Un’interconnessione che, peraltro, non è ‘settoriale’ ma trasversale, in quanto mette in relazione àmbiti tra loro eterogenei. Penso, ad esempio, all’eccellente sinergia che c’è tra le aziende e la Supsi (con i suoi vari dipartimenti). Un altro fattore degno di nota è una sorta di ‘effervescenza’ in ambito imprenditoriale, che si declina sia rispetto alla diversificazione e all’innovatività dei prodotti e dei servizi, sia rispetto alla numerosità delle aziende presenti sul territorio.

Quali le (eventuali) criticità? 
Il nostro è un settore che avanza rapidamente e richiede una ‘apertura di visione’ da parte degli attori coinvolti nel complesso àmbito delle sperimentazioni cliniche. Un’apertura che non sempre si riscontra. Un’altra criticità, per una realtà in evoluzione come Aretè – che opera a livello globale in un settore ‘ad alta velocità’ e necessita pertanto di profili estremamente ‘codificati’ e con una formazione specifica – è rappresentata dall’impossibilità di selezionare liberamente i nuovi collaboratori dal panorama internazionale, dovendo implementare un processo a due fasi (Svizzera prima, estero dopo).

Il Cantone, per il proprio sviluppo economico, punta molto sul settore delle Life Science. Condivide questa scelta? La ritengo una scelta lungimirante ed appropriata. Dalla medicina di massa ci stiamo muovendo verso la medicina personalizzata, già implementata per alcune aree terapeutiche ma destinata a diventare l’approccio universale nella pratica clinica. L’ampliamento, in aumento esponenziale, della conoscenza scientifica sempre più approfondita dei processi cellulari e biomolecolari coinvolti nell’esordio e/o nella progressione delle malattie, unitamente alla disponibilità a livello globale di incredibili quantità di dati scientifici analitici rispetto ad esso, ha innescato nel settore una rivoluzione su due fronti: quello diagnostico e quello terapeutico. Nel futuro, oltre ai grandi produttori, ci saranno quindi sempre più aziende anche di piccole e medie dimensioni con un portfolio magari molto limitato di prodotti, ma declinabili in base alle esigenze di piccoli ‘sotto-gruppi’ di pazienti o, addirittura, del singolo paziente. È proprio ciò che in Ticino stiamo già vedendo (sia in ambito diagnostico che terapeutico) e a cui il Cantone ha ritenuto di dare rilievo.

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