L’era degli interessi elevati sta giungendo al termine. Proprio quando la domanda di flussi di reddito forti e stabili sta iniziando a riprendersi grazie al pensionamento dei baby boomer, è probabile che le loro tradizionali fonti non saranno sufficienti. Ed ecco il mercato del credito.
Le valutazioni di partenza del debito societario appaiono molto interessanti: al 5,9% il rendimento iniziale di quello statunitense con rating medio è vicino ai massimi raggiunti dopo la crisi del 2008, sia in termini assoluti che rispetto alle azioni. Gli investitori potrebbero fare molto più che assicurarsi questo livello di rendimento per i prossimi cinque anni, soprattutto se si considerano i livelli di rischio molto gestibili.
All’opposto dei Governi, le imprese hanno seguito una disciplina finanziaria più rigorosa, con una leva finanziaria aziendale vicina ai minimi storici, liquidità abbondante nei bilanci e rapporti di copertura dei tassi d’interesse sani. Si prevede che la copertura sia della leva finanziaria che dei tassi d’interesse rimarrà in gran parte stabile nei prossimi cinque anni, in quanto la solida crescita degli utili compensa i costi di finanziamento leggermente più elevati e il management delle aziende rimane relativamente prudente in termini di M&A e di buyback.
Le prospettive d’insolvenza sono relativamente favorevoli, con un tasso medio del 2,7% nel lustro. Avendo i tassi ormai raggiunto il picco, l’accesso al mercato per gli emittenti societari dovrebbe continuare a migliorare, creando possibilità di rifinanziamento anticipato. Ciò, a sua volta, potrebbe generare un aumento dei prezzi dell’high yield verso i valori nominali, cosa che di solito accade sotto scadenza, ma che ora potrebbe accadere prima, soprattutto nel segmento a più breve termine (il pull to par return).
Il contesto macroeconomico dovrebbe rimanere relativamente stabile, con una crescita debole ma costante, che seppur limitando le aspettative sugli utili, pone le giuste condizioni per il credito. Non meno importante, vi sono diversi vantaggi che il credito offre per l’asset allocation. Storicamente presenta infatti migliori rendimenti aggiustati per il rischio rispetto ai titoli di Stato e minori flessioni rispetto alle azioni. Esaminando i profili di rischio tipici dei portafogli globali bilanciati in dollari, l’analisi mostra che l’aggiunta di Hy globale all’allocazione con rischio (azioni) e di Ig globale all’allocazione a rischio ridotto (obbligazioni) migliora notevolmente il rendimento del portafoglio, a parità di rischio nozionale e volatilità.
Queste caratteristiche diventeranno probabilmente ancora più apprezzabili man mano che la correlazione negativa tra titoli di Stato e azioni diventerà più imprevedibile a fronte di una maggiore volatilità dell’inflazione e di premi a termine più elevati. Ciò, a sua volta, può minare la capacità del debito sovrano di agire come ‘ammortizzatore’ in un portafoglio.
In un tale contesto, invece di cercare la diversificazione tramite asset a correlazione negativa, gli investitori dovrebbero ricercare un reddito elevato e stabile per attenuare meglio il rischio azionario nel medio termine. E il credito offre esattamente questo, meglio dell’azionario. È per questo che si guarda al credito per i prossimi cinque anni. Ci si aspetta che i rendimenti del credito emergente, nonché dell’Hy statunitense ed europeo, saranno pari a quelli delle azioni globali (circa il 7% annuo), ma con un rischio e una volatilità potenzialmente inferiori. Il credito Ig non dovrebbe restare indietro, con una certezza maggiore di generare il rendimento richiesto.
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