TM   Dicembre 2023

Interessi molto reali

Anche l’anno prossimo i tassi reali dovrebbero rimanere in territorio ampiamente positivo, rimarcando una certa distanza con l’era prepandemica. Ma quali posizioni costruire? Un’analisi di Clémentine Gallès, Capo economista e strategist di Société Générale Private Banking. 

Clémentine Gallès

di Clémentine Gallès

Capo economista e strategist di Société Générale Private Banking

Il 2023 sarà stato un anno di forte pressione sui tassi di interesse. Nel corso degli ultimi mesi i movimenti dei tassi sulle diverse scadenze hanno influenzato i mercati. Nella prima metà dell’anno, il continuo aumento dell’inflazione ha spinto le Banche Centrali a inasprire la politica monetaria, sul finire dell’estate i tassi a medio e lungo termine hanno subito pressioni particolarmente forti specie nel caso degli Stati Uniti, sia per la forza dell’economia, da qui i timori di inflazione persistente, sia per la tenuta della finanza pubblica. Di recente, queste tensioni sono venute meno e l’inflazione ha finalmente mostrato segni di distensione. Tale allentamento offre una buona opportunità per posizionarsi sull’obbligazionario, sfruttando il carry offerto da tassi d’interesse così bassi.

Un rallentamento. Gli Stati Uniti e, in misura minore, l’Eurozona hanno resistito ai vari shock del 2023: aumento dei tassi, picchi inflativi superiori al 10%, crisi geopolitiche… Invece dell’annunciata recessione, l’economia statunitense dovrebbe crescere di oltre il 2% nel 2023. L’ Eurozona ha flirtato con la recessione. In entrambi i casi, questa tenuta è dovuta principalmente alla solidità dei bilanci di famiglie e imprese e alla tenuta del mercato del lavoro. I segnali che indicano un rallentamento americano nel 2024, e una persistente frenata europea si moltiplicano. La fiducia delle imprese sta scemando, e i mercati del lavoro restringendo, i risparmi accumulati durante la fase pandemica sono stati parzialmente utilizzati negli Stati Uniti, e solo in parte rimangono disponibili in Europa. Da ultimo, l’impatto ritardato della restrizione monetaria e la stretta fiscale dovrebbero iniziare a farsi sentire, e pesare sulla crescita. Tuttavia, il calo dell’inflazione in contemporanea a un aumento dei salari dovrebbe far recuperare alle famiglie parte del potere d’acquisto perduto, il che garantirebbe un atterraggio morbido per gli Stati Uniti, e all’Eurozona di stazionare sul suo modesto tasso di crescita.

Tassi reali. Dovrebbero rimanere su livelli elevati. Archiviati infatti i picchi, che tra Stati Uniti ed Eurozona sono arrivati a sfiorare il 9 e il 10% nel corso degli ultimi mesi, l’inflazione headline è tornata a livelli prossimi il 3% annuo. Anche quella di fondo si attesta oggi su livelli molto più modesti, ma rimane in area 4 – 4,5%. Considerata la dinamica favorevole dei prezzi dell’energia e la moderazione salariale, è probabile che questa tendenza continui fino al 2024. In tale contesto, le principali Banche Centrali sembrano aver completato il loro ciclo di restrizione monetaria. A condizione che il calo dell’inflazione trovi confermi, potrebbero addirittura pensare di iniziare a tagliare i tassi già a partire dal secondo semestre dell’anno prossimo, tuttavia è molto probabile si tratterà  di un calo graduale e moderato (a differenza del ciclo di aumenti), con i tassi reali che rimarranno a livelli ben superiori a quelli precedenti l’emergenza pandemica.

Obbligazionario. Il contesto sembra essere molto favorevole al mercato delle obbligazioni societarie di qualità, dove i bilanci restano sani e i rendimenti interessanti. In aggiunta sembra opportuno un posizionamento globale ben diversificato, per beneficiare del momentum favorevole negli azionari, e una certa protezione in caso di possibili turbolenze. L’azionario americano dovrebbe beneficiare di prospettive economiche positive, al pari di una posizione neutrale sul dollaro, essendo improbabili l’aprirsi di differenziali di tasso importanti rispetto alle altre principali valute.