Suggestivamente denominata “Per una politica climatica sociale finanziata in modo fiscalmente equo (Iniziativa per il futuro)”, l’iniziativa popolare lanciata dai Giovani socialisti svizzeri vorrebbe introdurre nella Costituzione federale un nuovo articolo 129a, con il quale statuire un’imposta ereditaria del 50% sulla parte di patrimonio superiore ai 50 milioni di franchi, da destinare a misure per il clima e per la relativa ‘trasformazione’ dell’economia.
Da sottolineare che l’iniziativa – che dovrebbe venire sottoposta al voto popolare nel corso del 2026 – contiene anche una disposizione transitoria da iscrivere nella Costituzione (Art. 197 n. 15) con la quale Confederazione e Cantoni sono tra l’altro tenuti a emanare disposizioni di esecuzione tendenti a prevenire l’elusione fiscale dell’imposta, soprattutto in relazione alla partenza dalla Svizzera, a prevedere l’obbligo di registrare le donazioni e a emanare con apposita ordinanza entro tre anni dall’accettazione le disposizioni di esecuzione dell’iniziativa. Oltre a queste clausole, la disposizione transitoria prevede inoltre – ed è ciò che la rende particolarmente insidiosa – la retroattività della sua applicazione già dal momento della sua approvazione da parte di popolo e Cantoni. Ciò significa che lo spostamento dalla Svizzera di parte di patrimonio superiore ai 50 milioni di franchi o la sua destinazione a donazione li renderebbero soggetti alla nuova imposizione. Se gli effetti diretti di questa iniziativa non coinvolgono ovviamente gli obblighi fiscali della gran maggioranza dei soggetti fiscali svizzeri, la stessa solleva già sin d’ora forti inquietudini presso coloro che ne sono gli obiettivi diretti, e ciò appunto in forza di questa clausola transitoria che renderebbe vana qualsiasi misura tendente a eludere gli effetti dell’iniziativa sia con il trasferimento all’estero del patrimonio soggetto alla stessa che con donazioni a coniugi e/o discendenti successivamente alla data di approvazione della stessa. Mentre misure preventive adottate prima del voto popolare come donazione o trasferimento all’estero non cadrebbero sotto le forche caudine dell’iniziativa.
Ciò detto si impongono alcune considerazioni nel merito. Dapprima che da parte della Cancelleria federale non sembra essere stata sollevata l’eventuale eccezione di anticostituzionalità, e ciò a fronte del carattere chiaramente confiscatorio dell’iniziativa che dovrebbe scontrarsi con i principi legali e costituzionali del nostro Stato di diritto, anche se limitato a una parte del patrimonio, ma pur sempre sottratto nella misura del 50%.
Inoltre l’iniziativa è perentoria, nella misura in cui deve essere applicata in modo ‘esaustivo’ senza alcuna eccezione, per esempio nei confronti dei patrimoni di ditte a conduzione familiare rientranti nei parametri del nuovo articolo costituzionale. In fase di successione ereditaria gli eredi non potrebbero fare fronte al pagamento delle imposte se non vendendo la ditta o facendola quotare in Borsa.
Già sin d’ora chi si ritiene oggetto della nuova imposta sta valutando di lasciare il nostro paese, in alternativa alla possibilità di una donazione ai propri discendenti, trasferendo il proprio domicilio fiscale in località come Monaco, Dubai o Arabia saudita, dove non sono riscosse imposte sul reddito di persone fisiche, oppure in Italia che si è trasformata in un vero e proprio paradiso fiscale per contribuenti globalisti disposti a pagare un’imposta forfettaria ora di 200mila euro. E un loro ritorno in Svizzera in caso di respingimento dell’iniziativa non è garantito e comunque impossibile, in base alle attuali disposizioni di legge, per i globalisti.
Inutile sottolineare che la partenza di facoltosi patrimoni dal nostro paese darebbe un grosso colpo alle entrate fiscali il che, in mancanza della volontà di comprimere la spesa pubblica, rischia di chiamare alla cassa il già tartassato ceto medio, il quale potrebbe dovere essere confrontato in futuro con una riedizione di questa imposta su parametri molto più ridotti. E segnali in tal senso già ci sono.
Da parte sua, il Consiglio federale, rispondendo ad interpellanza, ha assicurato che, in caso di approvazione dell’iniziativa, non proporrebbe un’apposita imposta sulla partenza di patrimoni, ma una decisione in tal senso dipenderebbe comunque dalla volontà del Parlamento.
In caso di spostamento all’estero del patrimonio liquido successivamente all’accettazione dell’iniziativa rimarrebbe comunque il rischio alla morte del titolare che l’autorità fiscale svizzera possa emettere una decisione di assoggettamento all’imposta, come rilevato recentemente dalla Nzz riportando il parere di esperti universitari. Rischio che può essere evitato spostando il proprio domicilio fiscale in paesi come l’Austria (che inoltre non conosce un’imposta ereditaria), Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Francia, Finlandia o Svezia, con i quali esiste un’apposita convenzione che assegna esclusivamente al paese dell’ultimo domicilio il potere di imporre l’assoggettamento del patrimonio ereditario.
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