Robert Novy-Marx è famoso per aver descritto l’anomalia dell’alta redditività o del fattore quality, ma non è l’unico. Gli esperti includono spesso criteri di qualità nel loro processo d’investimento, indipendentemente dallo stile. Warren Buffett, ad esempio, è famoso per la sua attenzione alla qualità, pari almeno a quella posta sul valore. Esiste inoltre un numero crescente di accademici che confermano quanto la redditività sia un fattore predittivo dei rendimenti futuri.
Nonostante questo, i meriti del fattore quality rimangono avvolti da una certa aura di mistero. Il dibattito per stabilire se i rischi nascosti siano la fonte del premio offerto o se questo debba essere ricondotto al comportamento e a una valutazione errata degli investitori è acceso. Tutta accademia? Non proprio, infatti:
– Un fattore guidato dal rischio crea una sovraperformance attraverso l’assunzione di un rischio aggiuntivo, ed è probabile che nel tempo scompaia;
– Un fattore guidato dal comportamento offre un rendimento supplementare senza rischi aggiuntivi, il che è ovviamente più interessante. Inoltre, è più ‘vischioso’, dunque difficile che sparisca.
Più recentemente, Anwer Ahmed, Michael Neel e Irfan Safdar, hanno proposto un’analisi dettagliata della fonte di tale premio, giungendo a due conclusioni:
– il fattore quality è più coerente con un errore di valutazione che con il rischio;
– la qualità è premiante in qualunque contesto d’investimento.
Gli autori testano cinque importanti ipotesi che portano a questi risultati:
Ipotesi 1 (smentita): la redditività è positivamente associata al rischio di ribasso ex-ante. Dimostrando che le aziende più redditizie hanno meno probabilità di subire crolli azionari, è probabile che il premio non sia una forma di ricompensa per il rischio di ribasso. Questo avvalora le ipotesi secondo cui le aziende di alta qualità tendono a offrire un profilo difensivo.
Ipotesi 2 (smentita): la redditività è ugualmente e positivamente associata a salti e crolli dei prezzi. L’analisi dimostra che la redditività è correlata negativamente alla probabilità di rendimenti futuri estremamente negativi, ma positivamente alla probabilità di rendimenti fortemente positivi, e che dunque sovraperformano quelle a bassa redditività sempre. Guardando al rischio su base ex-post, l’alta qualità si dimostra ancora una volta difensiva.
Ipotesi 3 (confermata): la deviazione anomala delle previsioni riviste va nella stessa direzione della redditività passata e Ipotesi 4 (confermata): il premio di redditività si concentra sia nelle aziende ad alto profitto con una successiva deviazione delle previsioni verso l’alto, sia in quelle a basso con una deviazione verso il basso.
Le analisi mostrano che subito dopo l’annuncio degli utili, gli analisti tendono a essere pessimisti rispetto alle aziende ad alto profitto e ottimisti su quelle a basso. A partire da un’ampiezza dell’1,5% e dell’1,2% del prezzo delle azioni, questo effetto tende ad attenuarsi nei 12 mesi successivi, portando alla sovraperformance dei titoli di alta qualità e alla sottoperformance di quelli di bassa qualità.
Ipotesi 5 (confermata): la redditività è associata positivamente alla successiva domanda di azioni. Si dimostra che gli investitori istituzionali, come gli analisti, non reagiscono adeguatamente a informazioni positive sulla redditività. Recuperano quindi nei mesi successivi.
Gli autori hanno dunque confermato che le aziende di qualità offrono una sovraperformance stabile e a lungo termine; e che sono adatte a qualunque contesto: sono difensive in periodi di crisi, ma riescono a cogliere i rialzi.
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