TM   Dicembre 2024

Il grande ritorno

Le conseguenze del cambio di inquilino alla Casa Bianca sono particolarmente ampie e varie, ma non per questo solo negative. Dipende dagli ambiti, e soprattutto dai Paesi. L’analisi di Luca Paolazzi, economista e Advisor di Ceresio Investors.

Luca Paolazzi

di Luca Paolazzi

Economista e Advisor di Ceresio Investors

Quali sono le conseguenze economiche prossime di Mr Trump rieletto? Alcune si sono già manifestate: rialzo dei tassi a lunga e delle azioni, soprattutto tecnologiche, e rafforzamento del dollaro. Per capire perché occorre osservare il quadro economico americano e delle altre aree del Mondo vicine e lontane.

L’economia americana ‘is booming’, ha sintetizzato Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan Chase (che capitalizza più di sei volte Ubs). Il mercato del lavoro ha rallentato, sì, ma resta in piena occupazione. L’inflazione è più bassa sì, ma la dinamica salariale, primo motore mobile delle pressioni inflazionistiche, viaggia di un punto e mezzo sopra i ritmi prepandemia. La coppia occupazione-consumi spinge la domanda, grazie anche al tesoretto di eccesso di risparmi accumulati durante i lunghi mesi di lockdown. I doomsayers, che nelle loro sfere di cristallo avevano visto una recessione, hanno dovuto fare un giro dall’oculista. La Fed non è né indietro né davanti alla curva, ma puntuale nel ridurre la restrizione monetaria.

All’opposto, l’Eurozona se la passa male e peggio se la passerà. L’epicentro della crisi è la Germania, dove imperversa la crisi (irreversibile?) dell’Automotive e dove è in difficoltà il modello della bazar economy incentrato sull’export, a causa dell’onda di riflusso della globalizzazione. Su queste ferite viene sparso a piene mani il sale della restrizione delle politiche di bilancio, inevitabile stando alle regole europee, che tuttavia sono monche. Perché in un’unione monetaria è giusto che i singoli stati non soggioghino la politica monetaria spendendo e spandendo; ma è sbagliato che non ci sia un bilancio comune, come rievocato da Mario Draghi. Dunque, è molto difficile che la congiuntura dell’economia dell’Eurozona migliori nei prossimi trimestri, nonostante i salari reali stiano aumentando, anche per recuperare un po’ del potere d’acquisto perduto, e la diminuzione dei tassi stimoli la domanda nelle costruzioni e nel manifatturiero.

Salari americani

Evoluzione degli indici salariali americani (var. % y/y, media mobile 3m)

Evoluzione degli indici salariali americani (var. % y/y, media mobile 3m)
Fonte: Elaborazione Ref, Fed Atlanta. Evoluzione delle pressioni salariali negli Stati Uniti.

In Asia il quadro è assai variegato: la Cina insegue un’economia più verde e inclusiva (l’hanno chiamata common prosperity e si distingue dall’omonima europea perché è imposta dall’alto), con evidentemente penalizzazione dei beni di lusso (orologi, abiti, auto…); l’India è decollata e si sta affermando anche come nuovo hub manifatturiero globale (più che friendshoring è unfoeshoring); e il Giappone è finalmente uscito da un terzo di secolo di deflazione.

La messa a terra delle promesse elettorali di Trump significa basse tasse e alte tariffe doganali; le une e le altre spingono l’inflazione e favoriscono l’aumento di fatturato e margini delle imprese americane, per la minor concorrenza. La riduzione dell’immigrazione ha pure un effetto inflazionistico (più alti salari per lavoratori più scarsi), il che è negativo per i margini. Gli effetti inflazionistici più l’ulteriore ampliamento del deficit pubblico spiegano l’aumento dei tassi a lunga.

Le imprese tecnologiche trarranno vantaggio dalla minore pressione regolatoria, sottoforma del venir meno del rischio di un giro di vite antitrust che sotto l’amministrazione Biden aveva iniziato a manifestarsi. Non è un bene per il benessere equo e sostenibile, ma lo è per le quotazioni delle Magnifiche Sette. Altre ricadute ci saranno su singoli settori, o dall’eventuale fine della guerra in Ucraina e di quella ‘industriale’, stile Ira.

Tali politiche sono simmetricamente dannose per i partner commerciali americani, Cina ed Europa in testa. Ma se la prima ha già abbandonato la crescita tirata dall’export, la seconda deve attrezzarsi a fare a meno del suo surplus nei conti con l’estero, stimolando la domanda interna.

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