AHo Chi Minh City, fiumi di macchine e motociclette si incrociano e si confondono. Questa intricata interazione, a metà tra cooperazione e competizione, sembra un caos. Ma funziona. Saigon, il vecchio nome, è una suggestiva fusione tra la nuova Asia e la vecchia Europa.
Un cambiamento tangibile è l’aumento della percentuale di traffico su quattro ruote rispetto a quello su due. Sta attraversando la soglia da una metropoli degli Emergenti a qualcosa di più… emerso.
Stella della crescita strutturale. Il Vietnam è destinato a trasformarsi in una delle migliori storie di crescita strutturale di tutti i Paesi asiatici. Nonostante infatti Thailandia o Malesia siano rimaste bloccate nella ‘trappola del reddito medio’ di circa 10mila dollari pro capite, il Vietnam, con i suoi 4mila dollari, è ancora molto lontano da questa soglia, ma la vivacità di Saigon e la determinazione di manager, economisti e banchieri fanno pensare a un Paese sulla strada di Taiwan e Seul.
Marcia dei creatori. Le esperienze vissute da altri hanno insegnato ai leader vietnamiti che l’unico modo per finanziare un’economia nazionale in crescita sostenibile è la produzione di beni da esportare, senza affidarsi alle sole materie prime.
Come è riuscito il Vietnam a diventare una base produttiva di successo? Il Governo ha iniziato ad ammorbidire la sua linea anticapitalista alla fine degli anni Ottanta e le sue priorità ora includono la lotta alla corruzione residua, e la risoluzione delle carenze infrastrutturali.
Secondo il giornalista americano Joe Studwell, i punti irrinunciabili sono un’agricoltura riformata e produttiva, un’industria manifatturiera competitiva e controlli rigorosi sui capitali internazionali. Poiché possiede tutte e tre le caratteristiche, il Vietnam è “il Paese più interessante della regione economicamente”.
Ben posizionato. Altri fattori favorevoli sono le 2mila miglia di costa sulla strada commerciale marittima tra l’Asia orientale e l’Occidente, le buone relazioni con la Cina e gli Stati Uniti (un doppio raro) e una manodopera giovane e ben istruita.
«Nonostante Thailandia e Malesia siano incappate nella ‘trappola del reddito medio’, il Vietnam, è ancora molto lontano dalla soglia dei 10mila dollari, ma la vivacità di Saigon e la determinazione di manager e banchieri fanno pensare a un Paese sulla strada di Taiwan e Seul»
Il Vietnam si sta concentrando sulla realizzazione delle infrastrutture necessarie al suo sviluppo. Ha abilmente creato una vera e propria catena di approvvigionamento manifatturiero, con tutti i componenti e le strutture logistiche che contribuiscono a rendere le sue fabbriche altamente produttive ed efficienti.
Il suo timing è eccellente. I porti cinesi chiusi dal Covid hanno convinto molti che affidarsi a un solo Paese è rischioso. Inoltre, quando quel vicino gigante salirà nella catena del valore nei prossimi due decenni, è probabile che un paio di trilioni di dollari di produzione di fascia bassa se ne vadano. E il Vietnam è al confine. Questo spiega in parte perché i grandi esportatori sono marchi stranieri. E Samsung è il più grande esportatore, avendo investito circa 12 miliardi di dollari nel Paese negli ultimi sei anni.
Non ci sono ancora molti esportatori vietnamiti di dimensioni tali da poter investire. Un’eccezione è Vinh Hoan, il più grande produttore al mondo di pangasio congelato, che ha attirato importanti clienti globali, tra cui Tesco, Aldi e Walmart. L’ambizione dei suoi manager è quella di risalire la catena del valore e produrre derivati come il collagene. Intendono inoltre utilizzare l’esperienza di liofilizzazione dell’azienda per offrire altri prodotti, come la pitaya, un ingrediente utilizzato nei frullati dalle catene di caffè.
Altri titoli di crescita locali hanno beneficiato dell’ondata di prosperità e dell’aumento della classe media. Un esempio è Mobile World, che rappresenta circa il 50% delle vendite locali di telefoni cellulari e gestisce una catena di alimentari in espansione. Cresce l’interesse anche per le migliori aziende di outsourcing vietnamite, come Fpt, leader vietnamita di It e telecomunicazioni e potenza globale nei servizi digitali. Il suo mercato più importante è il Giappone, dove offre servizi a Sony, Hitachi e Panasonic.
Da fattorie a fabbriche. Grazie al comunismo prima e al capitalismo dopo, l’agricoltura vietnamita è diventata profittevole e più competitiva. La sua produttività ha superato quella dei vicini. Ora questa antica pianura è invasa da strade pulite, rotonde e siepi ben curate, costellate da vaste fabbriche con insegne che indicano il ‘who’s-who’ delle multinazionali manifatturiere: Canon, Microsoft, Samsung, Foxconn. Ci saranno altri nomi vietnamiti tra questi in futuro? L’attuale dinamica economica del Vietnam lo suggerisce.
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