TM   Maggio/Giugno 2023

Il digitale si mette all’opera

Le particolari strategie social degli Uffizi hanno permesso di raggiungere un pubblico sempre più globale e, soprattutto, sempre più giovane. Incoraggiandolo a scoprire i tesori che fanno del museo fiorentino, per quantità e qualità delle sue opere, uno dei più importanti al mondo.

di Maria Antonietta Potsios

Corrispondente Svizzera Romanda

L’arte è fatta per essere condivisa. Oggi è più vero che mai grazie ai social media. I musei sono in grado di connettersi con il pubblico in modi completamente nuovi, raggiungendo milioni di persone in tutto il mondo. Se questo è il tema, non si può non parlare delle Gallerie degli Uffizi, uno dei musei più visitati in Italia (nel 2021 i visitatori sono stati 1.721.637, con un aumento, nel 2022 del +42,7%); gli Uffizi rappresentano anche un Case Study di successo a livello internazionale, per chi lavora nel mondo digitale.

Con una strategia multicanale, sono stati capaci di modificare la loro presenza sui Social Media, coinvolgendo non solo i visitatori fidelizzati e appassionati di arte, ma anche un target considerato lontano dal mondo dell’arte e dei musei.

Stiamo parlando dei visitatori di età compresa tra i 15 e i 25 anni, coinvolti con strategie mai usate prima da un museo importante come quello degli Uffizi. Tra un video su TikTok e la visita di un influencer, l’immagine classica dei musei come luoghi lontani dal mondo dei giovani è stata ufficialmente abbandonata. E a coloro che sono scettici sull’uso dei Social in generale, non rimane che leggere l’intervista a Cristian Spadoni e Simone Rovida, social media strategist delle Gallerie degli Uffizi, che spiegano come i canali digitali si sono allineati all’immagine delle Gallerie diventando così ideatori di una strategia vincente non solo digitale, ma culturale e sociale.

Uno scorcio esterno della Galleria degli Uffizi

La strategia digitale delle Gallerie degli Uffizi ha avuto effetti positivi sulla brand image del Museo, raggiungendo il target dei più giovani. Quali sono stati gli elementi vincenti?

Il Museo non è più soltanto un luogo di conservazione, ma un attore di promozione della cultura che deve essere in grado di scavalcare le mura del museo stesso. Museo che non è solo spazio fisico, ma sa essere anche uno spazio virtuale. Una bidimensionalità affermatasi negli anni della pandemia: la negazione della materialità del museo ha infatti determinato la consapevolezza, in tutti noi, che il museo è un luogo non limitato dai suoi confini fisici, suscettibile invece di svelare le sue meraviglie a chiunque, ovunque, in qualunque momento.

Lo sviluppo della vostra strategia social ha portato a risultati di successo. Potete condividerne i dettagli?

L’operazione di strategia digitale degli Uffizi era iniziata già nel 2016, con l’arrivo del nuovo direttore, Eike Schmidt, che si è adoperato affinché il Museo si aprisse ai canali social (fino al suo arrivo erano inesistenti!). Durante la pandemia abbiamo organizzato una serie di appuntamenti mattutini dedicati ai nostri follower, i quali ci hanno raggiunto sempre più numerosi. In quel periodo in cui incredibilmente tutto il mondo si è fermato, siamo riusciti attraverso i social a raccontare la vita del museo, conducendo virtualmente i partecipanti attraverso le sue sale e i suoi protagonisti.

Una strategia tramite la quale le Gallerie degli Uffizi hanno una vita propria, e al passo con i tempi.

La complessità del momento e i validi strumenti di comunicazione disponibili hanno contribuito ad affermare l’indipendenza del Museo rispetto alla propria vita reale. La strategia digital è risultata vincente nel raccontare il museo nella sua quotidianità: ad esempio, le visite di rockstar, influencer o celebrity che siamo riusciti a condividere con il pubblico. In tal modo abbiamo dato all’attualità uno spazio enorme.

Quindi l’Arte ha la capacità di raccontare non solo il passato, ma con la stessa consistenza anche il presente?

Assolutamente sì. Prendiamo ad esempio eventi storici importanti per un dato popolo o una specifica epoca, come possono essere guerre e pandemie, che opere d’arte hanno immortalato per consegnarne il ricordo ai posteri. Se guardiamo con attenzione queste opere, catturiamo puntualmente la loro attualità. L’arte ha questa grande facoltà di raccontare un avvenimento del passato che, nel trascorrere del tempo permette all’opera di assumere un aspetto diverso, in continua trasformazione, per essere sempre contemporanea.

L’uso, nella vostra strategia digital, di un linguaggio leggero e divertente ha permesso di comunicare con quel target giovane che viene spesso ignorato dalla comunicazione museale.

Le nuove generazioni sono state effettivamente trascurate nella comunicazione museale nonché nella realtà museale. Molto spesso i ragazzi visitavano il Museo nel corso di gite scolastiche, obbligati e annoiati. Oggi abbiamo la certezza che, con il digital non solo è aumentato il numero dei visitatori più giovani, ma i giovani hanno scoperto una nuova dimensione dell’arte. Abbiamo notato che tanti ragazzi erano completamente al di fuori al mondo dell’arte e che, attraverso la strategia digitale, hanno avuto voglia di venire al museo perché lo hanno percepito come un luogo divertente e stimolante; merito anche dei nostri contenuti TikTok che hanno divertito o strappato un sorriso e che permettono di arrivare all’opera d’arte in un modo insolito. Abbiamo rovesciato l’opera d’arte, non nel suo contenuto frontale ma in qualche modo nel contenuto posteriore: abbiamo spostato la realtà.

Eravate scettici sull’utilizzo di TikTok come canale per veicolare l’arte?

È normale che ci siano state resistenze culturali da parte di chi ha avuto una classica formazione umanistica, ma il nostro direttore Eike Schmidt non ha mai mostrato scetticismo, rivelando puntualmente una grande lungimiranza.

Una strategia di successo ha una grande squadra dietro. Quanti siete ad occuparvi della creazione dei contenuti?

Il nostro dipartimento è composto da otto persone; è un dipartimento sul quale il direttore ha voluto investire da subito. Prima del suo arrivo nel 2016 non c’era nulla. Del team fanno parte profili diversi, aventi alle spalle studi diversi: filosofici per alcuni, linguistici per altri, artistici orientati su alcuni periodi storici per altri ancora. Le Gallerie degli Uffizi hanno tantissimo da comunicare e necessitano per questo di competenze diverse, spazianti dalla pittura alla scultura, ai gioielli e all’arredamento e fino alla botanica.

Come pensate che evolverà la vostra strategia social in futuro?

Mentre in passato il museo aspettava i suoi visitatori, adesso siamo noi che, attraverso i social, riusciamo a raggiungere i visitatori, un numero incredibilmente superiore rispetto al passato, bussando a ogni singola porta. Qualcuno ci apre, qualcuno no. Lo avevamo messo in conto. Siamo però convinti che troveremo sempre qualcuno disponibile e, soprattutto, che grazie al nuovo modo di comunicare, ci aprirà anche qualcuno che prima non avrebbe mai pensato di avvicinarsi al mondo dell’arte. Ed è questo il pubblico che desideriamo conquistare. Il Museo dovrà sempre arrivare alla gente.

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