
L’intenzione non è di farne uno scoop giornalistico ma, come sempre, descrivere agli interessati di tecnologia e introdurre un qualcosa di estremamente importante e che cambierà radicalmente come oggi viene considerato lo spazio esterno. Oltre un centinaio sono le aziende, tutte giovanissime, che stanno occupando e con grandi profitti o, meglio, capitalizzazioni, praticamente tutto il cielo sopra la Terra.
Dopo il ben noto Elon Musk e la sua mirabolante SpaceX, molti giovanissimi si sono avventurati verso il lucroso impiego di satelliti a orbita bassa, cioè tra i 300 e i 600 km, per realizzare nugoli di satelliti a basso costo e porli al servizio dei più, per applicazioni civili, militari ed enti pubblici, offrendo a prezzi incredibilmente bassi quanto fino a qualche anno fa era considerato appannaggio di enti come la Nasa.
Con l’avvenuta facilitazione delle nuove norme che consentono di raccogliere e usufruire di immagini satellitari in notevole risoluzione, oggi anche start up con modeste finanze riescono ad avventurarsi in questo business: lo spazio è in svendita!
Persino un agricoltore potrebbe acquistare immagini dettagliate dell’area che coltiva per controllarla e studiarne le variazioni quotidiane. Un piccolo comune montano potrebbe sorvegliare le frane incombenti e valutarne la storia risalendo nel tempo, anche di anni.
L’ingegneria delle costruzioni potrebbe tenere d’occhio la costruzione di un ponte, di un grattacielo o di un nodo ferroviario. Per non parlare dell’analisi di territori devastati per risalirne alle origini e predisporre il da farsi.
Una di queste aziende che colpisce per la sua rapidissima crescita è Planet Labs, nata nel 2010 e completamente operativa da tre anni con il suo sciame di 200 satelliti che vigilano ogni giorno dal cielo.Totalmente privata, nasce per vendere immagini satellitari e relativo software di intelligenza artificiale per attingere a quella enorme massa di dati che genera.
Si tratta di un gruppo di giovanissimi tecnici della Nasa, tra cui Will Marshall, Robbie Schingler e Chris Boshuizen che insieme oggi gestiscono una costellazione di duecento piccoli satelliti della classe CubeSat, chiamati Doves, non più grandi di una scatola per scarpe.
Questi satelliti sono dotati di sensori ad alta risoluzione per raccogliere immagini orbitando a una altezza tra i 300 e i 500 km in una formazione sincronizzata, catturando ogni giorno immagini da un’area pari a 350 milioni di kmq, cioè il doppio della superficie delle terre emerse.
Le immagini raccolte su varie bande spettrali, tra cui il visibile, il vicino infrarosso e l’infrarosso, vengono archiviate per essere poi gestite dai clienti attraverso opportuni plug-in basati sull’Ia e forniti dall’azienda stessa: un immenso Big Data spaziale disponibile a pagamento per chiunque lo desideri!

Si monitorano così i cambiamenti sulla superficie terrestre quasi in tempo reale, fornendo preziosi dati come i cambiamenti ambientali, l’agricoltura, la pianificazione urbana, la risposta alle catastrofi, le modiche geologiche, e molto altro.
I dati raccolti quotidianamente consentono una vasta gamma di analisi e applicazioni, come la valutazione della salute della vegetazione, il monitoraggio della deforestazione, la rilevazione dei cambiamenti nell’uso del suolo, il tracciamento del movimento di mezzi di trasporto e l’avanzamento di costruzioni di ogni genere.
Oltre alle immagini, Planet Labs offre applicazioni (Api) chiamate Planet Api, basate sull’Intelligenza Artificiale che integrano i dati satellitari e forniscono ai clienti mezzi operativi eccezionali. Tutto questo è reso possibile dai costi estremamente contenuti sia dei satelliti sia dei vettori per metterli in orbita, costi che sono una frazione dei costi a cui si era abituati fino a pochi anni fa e che erano sostenibili solo da Enti statali o militari.
Con i suoi 200 satelliti e altri che presto andranno a infoltirne la costellazione, Planet Labs ha completato la prima fase operativa che l’ha posta in grado di servire il mercato e cominciare a raccogliere ordini. Sono passati solo 3 anni dal loro primo lancio di successo dalla base indiana di Satish Dhawan Space Center nell’area di Chennai sull’isola Sriharikota, nella Baia di Bengala, con la quale mise in orbita i primi 88 satelliti in un sol colpo.
Una volta in orbita i singoli satelliti hanno aperto automaticamente le ali ricoperte di celle fotovoltaiche e si sono orientati secondo le linee di forza del campo magnetico terrestre che agisce su un secondo campo generato dai satelliti stessi e senza alcun dispendio di energia per l’orientamento iniziale.
Enti pubblici ed aziende private, anche di piccole dimensioni, sono così in grado di accedere ai loro dati e con i loro strumenti software tenere sotto controllo costante e storico aree di interesse e risalire alla verifica storica di frane, terremoti, movimenti logistici e quanto vada comunque verificato, anche a posteriori, come il recente caso del pallone-sonda cinese.
© Riproduzione riservata

Tutti ricorderanno quanto un pallone-sonda cinese, che ha attraversato gli Stati Uniti, abbia tenuto il mondo intero col fiato sospeso. Per settimane si è cercato di capire da dove provenisse, quale ne fosse lo scopo, soprattutto se fosse un qualcosa di militare o un satellite-spia. Per risolvere l’enigma è servito proprio il Big Data spaziale della Planet Labs descritta in questo articolo. È stato infatti sufficiente identificarne alcune immagini, darle in pasto al sistema di apprendimento del software realizzato dalla Planet, lasciare che interrogasse il suo enorme archivio di immagini raccolte quotidianamente ed ecco il tragitto del pallone, le date del suo passaggio e da dove e quando era partito. Chiunque può oggi disporre di tale servizio, a un prezzo particolarmente modico.