In molti sostengono che il lavoro a distanza sia entrato nella quotidianità lavorativa come conseguenza della pandemia da Covid 19. In realtà, stando ai dati resi noti dall’Ustat nel mese di giugno del 2017, già nel 2015 il 15% di tutti i residenti occupati in Ticino lavorava stabilmente dal proprio domicilio. In tutta la Svizzera, la percentuale si attestava al 21% di tutti gli occupati. Poi certo, è arrivata la pandemia, con la necessità del distanziamento e l’impossibilità da parte delle aziende (per legge) di obbligare i dipendenti a lavorare in ufficio. Nel 2022, secondo l’Ufficio federale di statistica, l’11,8% delle persone occupate lavorava dalla propria abitazione e il 16,7% in viaggio o in vari luoghi di lavoro. In questi dati, possiamo leggere la tendenza del modello di lavoro e, con molta probabilità, possiamo senza indugio archiviare il termine ‘home office’, per utilizzare, invece, il termine più ecumenico ‘hybrid work’.
Il lavoro ibrido è infatti lo standard finale cui le organizzazioni dovranno adeguarsi. Per le piccole e medie aziende a gestione famigliare o guidate dal singolo imprenditore, il primo ostacolo è senz’altro di carattere culturale. Sono necessarie una buona dose di fiducia professionale e di organizzazione del lavoro. Ma sarebbe un errore limitare le attenzioni a questo campo. Il lavoro ibrido prevede infatti l’interagire in mobilità con datore di lavoro, colleghi e stakeholder esterni all’organizzazione aziendale. Questo significa che in qualsiasi momento e luogo, capiterà sempre più spesso di dover condividere dati e informazioni, anche sensibili, organizzare riunioni online, elaborare strategie e nuovi documenti. Ciò comporta necessariamente alcune riflessioni sul metodo di lavoro, sulle modalità di misurazione delle prestazioni di collaboratrici e collaboratori, sull’infrastruttura di telecomunicazioni, sugli strumenti informatici e sulla sicurezza.
Il lavoro ibrido ci mette in condizione di non dover avere la tradizionale scrivania. Dobbiamo quindi abbandonare porta penne, fotografie e tutti gli altri oggetti personali che in passato ci tenevano compagnia e, al tempo stesso, definivano il nostro territorio lavorativo. Qualsiasi dispositivo indispensabile per il nostro lavoro, deve quindi poter viaggiare con noi e adeguarsi alla scrivania del momento. Lo stesso vale per i documenti che, salvo dover trascinare con noi pesanti archivi cartacei, dovranno essere disponibili rigorosamente in formato digitale.
Se il nostro lavoro prevede interazioni con altri colleghi, dovremo evitare di memorizzare dati e informazioni sui nostri dispositivi portatili e abituarci all’uso di archivi condivisi. L’invio di allegati in posta elettronica andrebbe limitato ai casi in cui proprio non se ne può fare a meno, privilegiando la condivisione di documenti su cui ogni collega può contribuire all’elaborazione (questo principio vale anche per il classico lavoro d’ufficio).
L’abilitazione al lavoro ibrido dovrebbe passare da un training periodico sulla sicurezza informatica e sulla protezione dei dati. Non basta infatti proteggere l’infrastruttura informatica; ad esempio, occorre considerare il contesto in cui stiamo partecipando ad una riunione online. Mi è spesso capitato di ricevere involontariamente informazioni sensibili da chi, in riunione in treno, evidentemente non si rendeva conto di trovarsi in un luogo pubblico e decisamente affollato.
Fiducia professionale. In molte aziende resiste tutt’oggi la misurazione del tempo, quale unità di misura per la remunerazione del lavoro subordinato. La legge stabilisce bene le regole per l’eventuale esenzione della registrazione delle ore di lavoro. Ma anche in presenza di un obbligo di registrazione, il datore di lavoro si sentirà più tranquillo se potrà misurare la qualità del lavoro svolto dal suo team, a prescindere dalla posizione della scrivania virtuale.
Strumenti. Inevitabile, per chi scrive, far riferimento all’infrastruttura di connettività. Senza connessione, non c’è lavoro ibrido che tenga. Chiaramente dovremmo sempre ricordarci che il nostro Paese, tra i più interconnessi al mondo, affronta quotidianamente sfide legate alla conformazione geografica, alla domanda in crescita esponenziale di connettività (soprattutto mobile) e all’alta percentuale di mobilità delle persone all’estero. Nondimeno oggi esistono diverse possibilità di connessione e dovremo imparare a sfruttare le possibilità offerte dal luogo in cui ci troviamo e modificare le nostre abitudini lavorative anche in funzione delle diverse situazioni.
In generale, organizzare la propria forza lavoro in modalità ibrida, può essere complesso perché coinvolge molti aspetti, non sempre prettamente tecnologici. Dunque, meglio farsi affiancare da consulenti in grado di supportare un progetto strutturato che permetta alle aziende di poter cogliere gli aspetti abilitanti del lavoro ibrido.