TM   Settembre 2023

Dialoghi previdenziali II

Avs e II pilastro sono chiamati a confrontarsi con equilibrismi straordinari per rimanere ‘a galla’. A pagare? Sostanzialmente i più giovani, chiamati alla cassa.

di Fabrizio Ammirati

Vice Direttore di Banca del Ceresio

 

Papà, la vostra generazione ci sta rovinando. Domenica, fine pranzo. È un po’ che mia figlia mi guarda strano e si vede che c’è qualcosa che mi vuole dire, ma non trova il momento. Papà, avete deciso che noi donne andremo in pensione a 65 anni e per di più volete ridurre le pensioni, non è giusto!Per fortuna’ si tratta solo di previdenza. Il pisolino domenicale mi aspetta, ma non posso abbandonare la scena in questo modo. Prima il caffè e poi puntualizzo: Non abbiamo deciso, in Svizzera esiste il Referendum e la maggioranza ha votato a favore. Poi cerco di motivare la decisione in merito all’età di pensionamento. Concetti digeribili. Ti ricordi quando andavamo a trovare il nonno in casa di riposo? Ti ricordi che diceva che non c’erano più uomini? Quell’affermazione del nonno se la ricorda bene.  Le donne vivono più degli uomini, hanno una speranza di vita più lunga, dunque che vadano in pensione almeno come gli uomini è ragionevole. Ribatte lei: Un corno! 

 

Le donne guadagnano meno e anche questo è provato, per cui non capisco perché devono andare in pensione a 65 anni. La discussione si sta accendendo, lo capisco dal tono. Sono d’accordo. È però anche vero che una distorsione salariale non va risolta con una pensionistica. Se esistono differenze ingiustificate, vanno risolte attraverso le opportune rivendicazioni, ma non mettendo in difficoltà l’Avs. Vedi, qualsiasi sistema pensionistico è come un lago. Se escono più soldi di quanti ne entrano il lago si svuota. Un anno in più di lavoro permette di ridurre le uscite rappresentate da un anno in meno di assegni pensionistici e aumentare le entrate, attraverso un anno in più di contributi. E ti dirò di più, il sistema sta in piedi solo attraverso il contributo derivante dall’Iva. Significa che con i soli contributi salariali il lago si svuoterebbe. In realtà, quindi, sia gli uomini che le donne dovrebbero lavorare di più, oltre i 65 anni. 

Con il tasso di conversione attuale se vado in pensione e campo fino a 85 anni prendo più soldi di quelli accumulati mentre lavoravo; sai poi chi paga questa differenza? No, non lo so chi la paga… Tu e la tua generazione

Mia figlia sta ragionando sulle mie ultime osservazioni ed impiega un attimo prima di replicare. Forse la discussione finisce così. Mi sbaglio. Va bene, questa cosa l’ho più o meno capita, ma non pensare che al prossimo referendum io voti per abbassarle. Devo lavorare di più per ricevere di meno. Non è giusto. Il mio pisolo è ormai un miraggio, devo affrontare la discussione sul II pilastro. Se con l’Avs è abbastanza facile spiegare cosa succede, ora diventa più complesso, soprattutto di domenica pomeriggio! Forse ci vuole un altro caffè. 

Quando si va in pensione si ricevono due assegni. Uno lo paga l’Avs, l’altro la Cassa pensione. Il primo lo ricevi peri il fatto che hai lavorato, ma non dipende esattamente da quanto hai contributo. La sua funzione è garantire il minimo vitale, a tutti. Il secondo invece dipende esattamente da quanto contribuisci durante la tua vita lavorativa. È la somma di tutti i contributi che hai accumulato e tutto il rendimento finanziario che hanno creato. Il totale in gergo è chiamato ‘Averi previdenziali’. La somma dei due assegni permette un pensionamento più che dignitoso. Al momento della pensione, hai due possibilità: prendi tutti i tuoi ‘Averi’, ossia tutti i tuoi soldi e senza discussioni, o fai un ‘accordo’ con la Cassa e ti fai pagare la pensione fino a quando vivi. In un mondo semplice il valore della pensione dipende da quanto hai accumulato e da quanto pensi di stare ancora al mondo. In questo mondo semplice la pensione annuale si calcola dividendo gli averi previdenziali per gli anni di vita restanti. Visto che questo tempo non lo conosce nessuno si utilizza la speranza di vita per stimarlo. Nella pratica, però, lo stesso calcolo si fa moltiplicando gli averi per il tasso di conversione. Più semplicemente, il tasso di conversione dovrebbe essere più o meno pari a 1 diviso la speranza di vita. Ad esempio se quest’ultima vale 20 anni, il tasso dovrebbe essere pari a 5%. Il legislatore nel 2006 lo ha fissato all’attuale 6,8%, che si basa sulla speranza di vita di allora aggiustato per il tasso di interesse finanziario, quindi leggermente differente ma uguale nella sostanza, credimi. Ora quel tasso è troppo alto, viviamo tutti di più di quindici anni fa. Per cui il Consiglio Federale, dopo aver ricevuto dati e relazioni di tutti gli addetti ai lavori, ha pensato fosse il caso di rivederlo al ribasso, per mantenere il sistema pensionistico in equilibrio. 

Eccola ribattere: Appunto papà, paroloni e calcoli per abbassare la pensione! 

Mantengo la calma: Questo non significa che la pensione complessiva sia più bassa, semplicemente ricevi i tuoi averi in più anni e la somma dei pagamenti corrisponde maggiormente a quanto hai versato. Con il tasso attuale se vado in pensione e campo fino a 85 anni prendo più soldi di quelli accumulati mentre lavoravo; sai poi chi paga la differenza?

No, non lo so chi la paga… Concludo pacato: Tu e la tua generazione.

 

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