Una figura che ha assunto sempre maggiore rilievo nella gestione delle imprese, soprattutto quelle finanziarie, è quella del Compliance Officer. All’accresciuta presenza si accompagna una maggior responsabilizzazione in certe fasi decisionali e di conseguenza un accrescimento dei rischi, segnatamente di natura penale, nei quali può incorrere.
Nel settore finanziario l’attività del compliance officer è strettamente legata alla lotta contro il riciclaggio di denaro, come statuito nella relativa Ordinanza della Finma, alla quale sono sottoposte ora tutte le imprese di intermediazione finanziaria. La legge prevede tre normative penali: nel Codice penale con l’art 305bis la punibilità dell’attività di riciclaggio in quanto tale e con l’art 305ter cpv. 1 la punibilità della carente diligenza in operazioni finanziarie; mentre la Legge sul riciclaggio di denaro punisce con l’art 37 la violazione dell’obbligo di comunicare all’autorità il sospetto concreto di riciclaggio.
Come rilevato in un approfondimento dottrinale di Katia Villard apparso nel Febbraio 2021 nella Rivista svizzera di diritto economico e finanziario (Swr/Rsda 2/21) questa punibilità non si applica indistintamente in tutti i ruoli del compliance officer ma solo in quelli in cui la sua responsabilità era determinante nel caso concreto al fine della lotta al riciclaggio e ciò a dipendenza della ripartizione delle responsabilità nell’ambito dell’impresa.
Egli si rende pertanto punibile qualora resti inattivo a fronte di transazioni sospette riguardanti fondi che dovessero risultare di origine criminale. In questo caso si tratterebbe quindi di punibilità per omissione. Avendo per compito il dovere di chiarificazione su transazioni potenzialmente sospette, il compliance officer assume la posizione di garante dell’intermediario finanziario in quanto designato dalle normative legali attore principale nelle prese di decisione in materia di lotta al riciclaggio. Competenza ulteriormente accresciuta, se a questo servizio viene delegata dalla direzione dell’istituto quella di segnalare all’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio alla Fedpol il sospetto concreto di riciclaggio. A dipendenza dei ruoli assunti all’interno del servizio compliance, la responsabilità penale non toccherebbe solo il responsabile del servizio ma anche chi era incaricato del controllo della relazione o della transazione rivelatasi problematica.
L’omissione consisterebbe nella mancata procedura di chiarificazione di operazioni che avrebbero dovuto sollevare sospetti, nel non aver effettuato la comunicazione all’autorità preposta o non avere informato in tempo le persone competenti per procedere in tal senso. Circa la consistenza dei sospetti che avrebbero dovuto attivare il compliance officer, la giurisprudenza ha stabilito che non è necessario conoscere nel dettaglio le circostanze del crimine a monte dell’attività di riciclaggio, mentre per fare scattare la punibilità deve essere stato appurato che in fondi provenivano effettivamente da un crimine o da un delitto fiscale qualificato (frode fiscale). Il compliance officer non potrebbe comunque sottrarsi alle sue responsabilità invocando che è stato marginalizzato nel processo decisionale in materia di esame di relazione o transazione sospetta, in quanto i suoi ruoli sono definiti nella legge e comunque una ripartizione interna delle responsabilità non sarebbe di impedimento a una sua responsabilità penale. In Svizzera, differentemente da altri Paesi, il riciclaggio di denaro per essere punibile deve essere stato commesso intenzionalmente.
L’accertamento dell’intenzionalità non è però cosa facile in quanto se da un lato l’intenzionalità del cliente non può essere riportata sul compliance officer, dall’altro l’accertamento dell’intenzionalità in capo a quest’ultimo dipende dalle circostanze del caso tanto che è data la punibilità per dolo eventuale, vale a dire qualora risulti che il compliance officer non poteva non aver avuto dei sospetti e che la sua sia stata una ‘cecità deliberata’ equivalente ad accettare il rischio che l’infrazione si avveri.
La punibilità per carente diligenza si realizza in caso di mancato accertamento dell’avente diritto economico della relazione o della transazione e riguarda primariamente il gestore, mentre il compliance officer solo nella misura in cui sia stato direttamente coinvolto.
La violazione dell’obbligo di comunicazione, che può avvenire sia intenzionalmente che per negligenza, viene fatta dipendere dalla legge dal ruolo assunto dal servizio compliance nella fase di presa di posizione e nella misura in cui il ruolo decisionale gli sia stato delegato dalla direzione. Determinante nel merito è che si sia in presenza non di un semplice sospetto ma di un sospetto fondato, mentre diversamente dall’imputazione di riciclaggio non è determinante che i valori patrimoniali provengano effettivamente sa un crimine. E il sospetto è fondato in base alla legge qualora attiene a circostanze insolite che danno adito inizialmente ad un sospetto che ulteriori approfondimenti non permettono di dissipare.
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