TM   Luglio/Agosto 2023

Colmare un gap

Nonostante il Ticino sia un cantone piccolo, sono molte le carte che può giocarsi nell’attrarre start up innovative da fuori, non solo a livello nazionale. Se dunque un tema importante è sicuramente migliorare ulteriormente i canali di finanziamento, la sfida non si limita a quello. 

di Federico Introzzi

Lorenzo Ambrosini, direttore di Fondazione Agire
Lorenzo Ambrosini, direttore di Fondazione Agire

Agire. Agisci, che agiamo, perché qualcosa deve esser pur fatto? Quello che è certo è che c’è un mandato, anche piuttosto preciso, da parte delle istituzioni locali, che tanto vi hanno creduto da costruire nel corso degli anni un intero ecosistema, con numerose agenzie ed enti preposti a stimolare quella che sbrigativamente è definita ‘innovazione’, in quello che indipendentemente dalla congiuntura si conferma essere un cantone di frontiera, molto prossimo anche culturalmente alla vicina Repubblica, di cui condivide un tessuto economico e produttivo imperniato sulla piccola e media impresa.

«Siamo l’agenzia cantonale dell’innovazione, dobbiamo quindi oltre che sostenerla, promuoverla nel territorio. Il Ticino è storicamente terra di Pmi, e continuerà a esserlo in futuro, ma le imprese di domani sono le start up di oggi. E nel nostro caso dobbiamo occuparci solo di quelle ad elevato contenuto innovativo, sostenendone gli sforzi, almeno nelle fasi iniziali. Del resto, gli ingredienti fondamentali alla base del loro successo sono e rimangono l’idea e il team, ma anche i capitali necessari a che tutto si concretizzi nel minor tempo possibile e alle migliori condizioni», esordisce così Lorenzo Ambrosini, Direttore di Fondazione Agire.

Ma cos’è l’innovazione? Per sua stessa definizione: tutto e nulla. Quelle che possono sembrare in origine idee indiscutibilmente geniali alla prova dei fatti sbocciano nel nulla, quelle che inizialmente sembravano inconsistenti, a distanza di anni, si sono invece rivelate essere tutto. Ed è qui la natura del problema. «Per una start up innovativa è pressoché impossibile crescere organicamente, ci sono eccezioni, ma sono rare. Si potrebbe quindi affermare che le start up siano macchine finalizzate alla raccolta di capitali, compito che ricade quasi interamente sullo startupper, che vi dedica buona parte del suo tempo. In questa fase iniziale i potenziali investitori finirebbero inevitabilmente con lo scommettere su di lui e sul suo team, prima che in un progetto ancora quasi tutto da sviluppare», prosegue il direttore.

Morcote panorama
Si è tenuto a Morcote il primo di una serie di eventi. A partecipare Ono Exponential Farming, AgroSustain, xFarm e Ticinsect.

Ed è qui che iniziano a emergere le peculiarità di un territorio particolarmente ricco di opportunità, in larga misura ancora tutte da cogliere. «Il Ticino, e dunque le sue start up, può contare su un’importante comunità di Business Angel sensibili all’innovazione, e disponibili a investirvi assumendosi dei rischi. Ma al crescere delle necessità finanziarie della start up, quelli che in gergo vengono definiti round series A, cui partecipano anche investitori istituzionali, e non più solo privati, con quindi obblighi di legge e rendicontazione molto più stringenti, iniziano i problemi, e il mercato si fa rarefatto. Comprensibilmente a mancare è la massa critica, non c’è mai stata una domanda sufficiente a stimolare una degna offerta, che invece noi vogliamo ambiziosamente contribuire a creare», mette in evidenza Ambrosini.

Un primo piccolo grande passo è stato sicuramente aprire Boldbrain, l’acceleratore ticinese per le start up, per la prima volta nella scorsa edizione, anche a start up fuori cantone, in parte per creare una maggior massa indispensabile per giustificare lo sforzo, in parte per ampliare il bacino d’utenza, con tutti i miracolosi benefici che la semplice concorrenza può offrire a costo zero. «Abbiamo individuato questo gap di finanziamento con il resto della Svizzera che in parte contribuiva a rendere la Piazza ticinese meno attrattiva di altre, ci siamo dunque mossi logicamente cercando un’alleanza con una grande realtà finanziaria blasonata, affermata nel settore e interessata. Questo partner, imprescindibile per il successo del progetto, l’abbiamo trovato in Rothschild & Co. Si è trattato di un sodalizio nato quasi per caso, nell’arco di diversi mesi, ma che nei prossimi anni potrà essere un importante volano di sviluppo per il territorio», nota il direttore.

Il Ticino può ambire a diventare un trampolino per l’internazionalizzazione di molte start up italiane, offrendo loro tutti i vantaggi della Svizzera, e un’altrettanto importante vicinanza culturale. Il momento della verità sarà però successivo, dovrà essere anche in grado di trattenerle in loco. In entrambi i sensi potenziare l’offerta con round d’investimento Series A può certamente fare la differenza, a patto di non fermarsi a quello

Luca- Re Cecconi

Luca Re Cecconi

Director di Rotschild&Co

Dalla sua il Cantone ha sempre potuto vantare una serie di atout importanti, sia verso sud, i soliti della Piazza svizzera, dalla stabilità politica ed economica, alla certezza del quadro normativo, sia verso nord. «Da un punto di vista squisitamente geografico oltre a essere prossimo alle migliori competenze che la vicina Italia ha da fornire, è al centro dell’asse infrastrutturale europeo nord-sud, ma ospita anche eccellenze mondiali, dall’Istituto Dalle Molle al biomedicale a Bellinzona, con lo Ior e l’Irb, oltre ai campus universitari e al nuovo Parco dell’innovazione inserito nella rete svizzera. In determinati ambiti può quindi gareggiare a livello europeo, il che è assolutamente straordinario se si pensa a una popolazione di poche centinaia di migliaia di persone. Evidentemente su un piano più alto, che non in passato, era necessario un ulteriore salto di qualità per vincere la concorrenza mondiale, si inserisce dunque in questo quadro la volontà, e l’esigenza, di potenziare il finanziamento per le start up che decidano di insediarvisi», rileva Ambrosini.

L’ambizioso obiettivo che si è posta Agire, ossia aprire il Ticino ai round d’investimento series A e series A+ (quella fase d’investimento in cui il fabbisogno di capitali, per una start up ormai abbastanza strutturata, inizia a crescere velocemente spingendosi a 1-25 milioni), vede in Rothschild & Co l’indiscusso protagonista, con tutti i vantaggi che una realtà plurisecolare dell’industria finanziaria può vantare al suo attivo. «Il Venture Capital è sicuramente un ambito che desta da sempre il nostro interesse, siamo molto attivi in Svizzera interna, e non potendo contare su una sede in Ticino questo è sicuramente un modo per segnalare una certa attenzione a questo mercato. È sicuramente un obiettivo ambizioso, ma meritorio, fondamentale se si vuole rendere il comparto un volano di sviluppo per l’intero territorio. Del resto è un Cantone particolarmente benestante, dove i capitali non mancano, si tratta solo di saperli canalizzare al meglio, mettendo quindi in relazione quella che è certamente una domanda, con quella che potenzialmente potrebbe essere un’altrettanto interessata offerta», riflette Luca Re Cecconi, Director di Rothschild&Co Bank Svizzera. 

La vicinanza all’Italia sicuramente contribuisce in più d’un modo, sia a sostenere una strategia comunque coraggiosa, sia ne facilita il possibile e auspicabile successo. «Il Ticino può ambire a diventare un trampolino per l’internazionalizzazione di molte start up italiane, offrendo loro tutti i vantaggi della Svizzera, e un’altrettanto importante vicinanza culturale. Il momento della verità sarà però successivo, dovrà essere anche in grado di trattenerle in loco. In entrambi i sensi potenziare l’offerta con round d’investimento Series A può certamente fare la differenza, a patto di non fermarsi a quello», prosegue il manager. 

Ovviamente in presenza di alcuni più o meno importanti limiti, imposti anche dalle dimensioni molto contenute. «Gli startupper devono essere continuamente stimolati, già durante la formazione scolastica, e in questo qualcosa in più potrebbe essere fatto. Se le competenze giocano un ruolo fondamentale nella nascita delle start up, al pari dell’humus che si crea intorno ai campus universitari o ai centri di ricerca, al tempo stesso è indispensabile che le persone abbiano una certa ‘fame’. Si tratta di quella voglia, che è spesso un pressante bisogno, di brillare, senza gettare la spugna davanti alle difficoltà», conclude Re Cecconi.

Un tassello, quello del finanziamento, che va a inserirsi in una strategia che vuole aprire il Cantone sempre più verso l’esterno, accorciando le distanze con tutti i potenziali, e per molti versi naturali, concorrenti già a livello nazionale. «Boldbrain è una competizione che negli ultimi anni è continuata a evolversi in positivo a beneficio dei suoi partecipanti, di cui i principali sono il percorso d’accelerazione con tutti i servizi erogati, e non tanto i premi per i finalisti. L’apertura dunque alle start up fuori Cantone, una decisione comunque importante, ha precisi vincoli: la possibilità di partecipare regolarmente a corsi e formazione in loco, oltre all’intenzione ferma di insediarsi in Ticino nelle fasi successive di sviluppo. Nell’ultimo lustro ci siamo concentrati nello strutturare al meglio e semplificare l’ecosistema dell’innovazione, con importanti risultati agli occhi di tutti, nell’arco del prossimo si tratterà di affrontare di petto il tema finanziamenti, a più livelli, privati e istituzionali», conclude il direttore di Agire.

Come attuare tale strategia? Organizzando momenti d’incontro tra start up e grandi investitori, in cui lasciare che spontaneamente scatti quell’imprescindibile scintilla che spinga anche soltanto a valutare l’operazione. Il primo di una serie di eventi, monotematico su Food e AgriTech, Feeding the world si è tenuto in Ticino, il 15 giugno. Può essere considerato l’inizio di un nuovo capitolo nella recente storia del Cantone, in ambito di innovazione e start up, un importante passo in avanti nella giusta direzione. Necessario certo, ma non sufficiente.