TM   Febbraio 2025

Cambio di agenda

Con l’insediarsi del nuovo inquilino della Casa Bianca molti equilibri degli ultimi anni sembrano vacillare, ma quanto delle molte promesse e minacce sarà davvero attuato? L’Opinione di Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia.

Matteo Ramenghi

di Matteo Ramenghi

Cio di Ubs Wealth Management Italia

È da poco cominciata la seconda presidenza di Donald Trump. Dalle elezioni presidenziali statunitensi, seppur con maggior volatilità, la borsa è salita, i rendimenti dei Treasury sono aumentati e il dollaro si è rafforzato. Per gli investitori non è facile valutare le implicazioni dei cambiamenti nella politica americana.

Per quanto riguarda i temi economici, nel suo discorso inaugurale Trump si è concentrato sul protezionismo, sul contenimento dell’immigrazione e le deportazioni, sull’intenzione di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima e incrementare le trivellazioni di gas e petrolio, nonché sulla necessità di aumentare l’influenza statunitense sul canale di Panama.

Alcune aree restano meno chiare: infatti, mentre le politiche che si definiscono Maga (Make America Great Again) invocate da Trump sembrano sottintendere un approccio fiscale espansivo e il mantenimento di un deficit elevato, le indicazioni di Elon Musk e del suo Doge (Department of Goverment Efficiency) puntano a tagli draconiani della spesa pubblica.

Infatti, Musk ha fatto riferimento a tagli per 2mila miliardi di dollari e un sindacato che rappresenta 800 mila dipendenti pubblici, l’American Federation of Government Employees, ha protestato subito dopo la cerimonia inaugurale.

In ogni caso, si tratta di un’agenda fitta di obiettivi di non facile realizzazione ma, tra tutti i cambiamenti promessi, i dazi restano in cima alla lista delle preoccupazioni degli investitori, poiché si tratta dell’area in cui il Presidente ha la maggiore autorità unilaterale.

L’aspettativa condivisa da molti è che l’aliquota effettiva dei dazi contro la Cina salga al 25-30% (dal 10% attuale), molto al di sotto del 60% ventilato in campagna elettorale. Sono inoltre attese misure a protezione degli interessi tecnologici nonché dazi sulle automobili e sui farmaci provenienti dall’Europa. Il Vecchio Continente è destinato a risentire anche dell’effetto indiretto dei dazi nei confronti della Cina, che è sia un mercato di sbocco che un temibile competitor.

Gli scenari più estremi, come dazi universali del 10-20% su tutte le importazioni di qualsiasi provenienza o un dazio più elevato del 60% sui beni cinesi e/o l’attuazione della minaccia di dazi del 25% contro Canada e Messico, sono meno probabili, perché potrebbero venire impugnati in tribunale e richiedere l’approvazione del Congresso.

Costi in euforica salita

Spesa netta per interessi del debito federale statunitense (in % del Pil)

Spesa netta per interessi del debito federale statunitense (in % del Pil)
Fonte: Ubs, Cbo 2025. Al netto dei desiderata di Trump sono molti i limiti con cui doversi confrontare.

Tra lavoro e immigrazione

Indicedenza della manodopera estera sul totale (in % popolazione attiva)

Indicedenza della manodopera estera sul totale (in % popolazione attiva)
Fonte: Ubs, Bloomberg 2025.

Tuttavia, non si possono escludere ritorsioni con dazi reciproci sia da parte della Cina che dell’Europa, con un indebolimento dello yuan cinese e restrizioni alle esportazioni di minerali critici per la produzione di batterie.

Qualsiasi restrizione ai commerci e ai flussi di capitale ha un impatto negativo sulla crescita economica e sull’inflazione. Tuttavia, se non si prendono in considerazione gli scenari più estremi, l’impatto sull’economia statunitense potrebbe non essere così significativo, anche perché gli scambi commerciali tra Cina e Stati Uniti sono già diminuiti in misura sostanziale negli ultimi anni.

Naturalmente, non dovrebbe neanche essere esclusa la possibilità di un esito più favorevole per il mercato e l’economia. Ciò potrebbe includere dazi più limitati del previsto, poiché Stati Uniti e Cina potrebbero raggiungere un accordo più ampio che tocchi magari la stabilità del Pacifico o il finanziamento del deficit statunitense, riducendo il rischio geopolitico percepito.

Trump ha anche promesso di impegnarsi per chiudere la guerra in Ucraina: qualora ciò avvenisse potrebbe migliorare la fiducia di imprese e famiglie in Europa, mentre il probabile calo dei prezzi dell’energia e la ricostruzione dell’Ucraina potrebbero compensare l’impatto negativo di maggiori dazi.

Tutto questo va inserito in un quadro di ampia liquidità nei bilanci di aziende e famiglie dopo due anni di elevati tassi d’interesse. Via via che i tassi d’interesse scendono, ci potrebbe essere una migrazione di questa liquidità verso impieghi più remunerativi come obbligazioni, immobiliare e azioni.

Per questo c’è un certo margine per essere ottimisti nei confronti dei mercati azionari. Tassi d’interesse in calo, crescita economica modesta ma positiva e investimenti in conto capitale in intelligenza artificiale rimangono fattori positivi per i semiconduttori, le mega cap e le Utility, visto l’aumento atteso dei consumi di elettricità.

Cina e Messico

Importazioni americane per Paese (dati in mln usd, media mobile 1y)

Importazioni americane per Paese (dati in mln usd, media mobile 1y)
Fonte: Ubs 2025.

Al di fuori degli Stati Uniti, un’esposizione diversificata all’Asia escludendo il Giappone, in particolare all’India, può andare incontro a trend demografici favorevoli, mentre in Europa oltre alle Utility si vedono opportunità nel settore farmaceutico, nelle azioni ad alto dividendo e nelle small e mid cap, le società a piccola capitalizzazione, in considerazione dei tassi in discesa e delle basse valutazioni.

Qualsiasi restrizione ai commerci e ai flussi di capitale ha un impatto negativo sulla crescita economica e sull’inflazione. Tuttavia, se non si prendono in considerazione gli scenari più estremi, l’impatto sull’economia statunitense potrebbe non essere così significativo

Tassi più bassi dovrebbero creare un contesto favorevole per le obbligazioni, sulle quali si è positivi. In particolare, il Vecchio Continente è in stagnazione da due anni e le due economie principali, Germania e Francia, hanno rispettivamente problemi di crescita e di controllo delle finanze pubbliche.

In questo complesso scenario, la Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi d’interesse di un punto percentuale nel 2024 e ci si aspetta che faccia almeno altrettanto quest’anno, portando il tasso sui depositi al 2%. Ma non è chiaro se si fermerà lì. Con una crescita economica vacillante, la Bce potrebbe dover fare di più, anche in considerazione del più evidente protezionismo americano.

Questa fase dovrebbe quindi essere favorevole per le obbligazioni in euro. I titoli Investment Grade presentano ancora rendimenti ampiamente superiori all’inflazione attesa, con potenziale di apprezzamento in caso di un rallentamento economico più marcato. Da questo punto di vista, la correzione di fine anno sembra rappresentare un’opportunità di bloccare rendimenti interessanti a medio termine.

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