Gli anfiteatri
Tradizionalmente, se si pensa agli edifici più rappresentativi della loro epoca e dei singoli popoli, le associazioni mentali possono giocare simpatici scherzi. È dunque così che, in semplice ordine cronologico, si sono succedute fasi alterne nella storia del Mediterraneo, e che forse almeno in parte catturano alcuni tratti essenziali delle diverse culture che si sono trasmesse il testimone della Storia.
Ecco dunque che in una società apicale e assolutistica come quella egizia, l’attenzione si concentra sulla morte, e sulle sepolture dei diversi sovrani, quindi le piramidi di Giza del 2500 a.C. A distanza di qualche secolo il baricentro della storia si sposta però nella più vicina Grecia, patria di cultura e filosofia, fondamenta di un modo di vivere tipicamente europeo, anche a distanza di oltre 25 secoli. Cosa incarna questa fase? Probabilmente il Partenone, emblema dell’egemonia dell’Atene periclea del V secolo a.C. dunque un tempio, quindi la religione, ma quella praticata dai vivi. Andando un po’ oltre, il Sole della storia antica è certamente Roma, e qui il balzo è molto più breve, è sufficiente arrivare al I secolo d.C. e alla dinastia Flavia, con il Colosseo, e dunque lo sport e il divertimento. Difficile trovare un ambito più intimamente connesso alla moderna quotidianità, almeno in tempi di pace, ma che ben cattura la prosperità raggiunta da un fu piccolo villaggio di pastori.
Se le lancette corrono un po’ oltre, arrivando all’anno mille, quando dunque la prosperità era stata ormai persa, e l’Europa preda delle invasioni barbariche, le esigenze della popolazione evolvono rapidamente, e i castelli si impongono quali protagonisti indiscussi delle sorgenti grandi capitali europee, così come dei piccoli centri. Stabilizzata che è la situazione ‘geopolitica’, non troppo distante dall’Europa moderna, ecco riaffacciarsi sulla scena la religione; inizia la stagione delle grandi cattedrali, che sfumerà poi nel Rinascimento. E così via…
Risulta però particolarmente curioso riflettere su un secondo elemento, a fronte degli accadimenti che segnano ormai la quotidianità. Tramontata la breve epoca dell’oro dei virologi, o almeno spacciati per tali, è qualche tempo che a fronte di conflitti lontani ma sorprendentemente vicini si sono rapidamente imposti sedicenti esperti di geopolitica, e un’ampia pletora di generali sino a qualche anno fa sulla via del tramonto, e destinati a essere rottamati. Se però si pensa alla storia antica, e agli eserciti che l’hanno scandita, protagonista indiscussa è certo la legione romana, soprattutto repubblicana per i generali che si sono succeduti al comando.
Ma cosa ha fatto la differenza, contribuendo a rendere celebre la legione? Evolutasi nel corso di qualche secolo, adattandosi a campi di battaglia e ai nemici, la cifra caratterizzante il dispositivo bellico romano, la cui spina dorsale resterà sempre la fanteria legionaria, è certo la mobilità e la flessibilità lasciata alle singole unità fondamentali della stessa: le coorti.
Pur variando nel corso del tempo il numero di effettivi, tendenzialmente ogni legione era composta da 10 coorti, raggruppamento di 600 legionari o tre manipoli da 200 uomini, disposte a scacchiera su tre linee. La prima linea, dunque quella del fronte e che ne ha anche conservato la terminologia, dove effettivamente ci si scontrava con l’esercito nemico, e le due più arretrate pronte a subentrare o sostituire i legionari in combattimento. Nel corso della battaglia c’era dunque una buona alternanza in prima linea, il che offriva tempo per recuperare ai soldati stanchi, e forze sempre fresche, o quasi, da opporre agli eserciti nemici.
L’industria del calcio europeo attira sempre più spesso l’interesse degli investitori, questo principalmente per i decisi passi in avanti compiuti negli ultimi anni, ma si inserisce all’interno di una dinamica ben più ampia. «L’industria sportiva globale nel 2023 valeva 135 miliardi di euro, di cui circa un terzo è il mondo del calcio, che però è il comparto in più rapida espansione. Ciononostante anche in alcuni dei campionati maggiori, ed è il caso della Serie A, il potenziale di crescita è ancora significativo, in termini infrastrutturali e di commercializzazione del prodotto. La Premier League incassa oltre il triplo della Serie A dai soli diritti mediatici, con chiare conseguenze. Problemi risolvibili, a patto di dotarsi di una Governance moderna», riflette Stefano Cocirio, Chief Financial Officer dell’Ac Milan.
Sotto molti aspetti, in chiave di rinascenza di un nuovo modo d’interpretare il calcio italiano ed europeo, il Milan è certamente un caso interessante. «L’idea che per vincere si debbano fare enormi perdite di bilancio è un’idea ormai tramontata, smentita dai numeri, oltre che non più compatibile con le normative vigenti. A lungo termine successo finanziario e sportivo devono necessariamente andare a braccetto, per quanto il progetto sportivo debba continuare a essere il baricentro del piano industriale. Rimanere competitivi permette ai club di crescere in modo costante e soprattutto di pianificare», prosegue il Cfo.
Un successo sportivo estemporaneo, e finanziariamente insostenibile, ha del resto già dato sufficientemente spettacolo dei suoi disastrosi risultati, ma per i club più grandi i rischi sono sempre in agguato. «Essere ‘grandi’ ha diversi pro e contro. Da un lato si hanno a disposizione risorse importanti da investire nella squadra, e nella società, al tempo stesso si è soggetti a pressioni enormi per vincere sempre e subito. È dunque fondamentale saper trovare il giusto bilanciamento tra essere competitivi oggi, pianificando a medio termine, ed è quello che sta facendo il Milan, grazie al sostegno di Elliott prima, e RedBird oggi. Dalla perdita di 194,6 milioni di euro del 2019/20, siamo arrivati a un risultato consolidato di 4,1 milioni nel 2023/24, più che raddoppiando i ricavi da 192 milioni ai 457 di quest’anno. Siamo per il terzo anno consecutivo il club che cresce di più in Europa, con un +35%, anche grazie al network di partner e consulenti messi a disposizione dall’azionista», sintetizza Cocirio.
I benefici di avere conti in ordine, e bilanci sani sono del resto evidenti negli ambiti più disparati. «Non avere necessità di ‘far cassa’, consente maggiore serenità nelle scelte. Negli ultimi sette anni siamo stati nella Top10 per investimenti netti nel calciomercato, con il monte ingaggi cresciuto dell’8%, sino a 189 milioni attuali. Ma è stato anche possibile chiudere dieci rinnovi di calciatori professionisti durante la scorsa stagione, oltre a lanciare quest’anno ‘Milan Futuro’, un progetto strategico per il club, con l’obiettivo di coltivare giovani talenti per rafforzare in prospettiva ulteriormente il progetto sportivo», conclude il Cfo.
In qualità di macchina ben oliata e disciplinata all’interno di ogni legione tutti erano al corrente del proprio ruolo, e di quello che dovevano fare, sia durante i combattimenti, sia tutto il resto del tempo, dal dove montare la tenda, a dove impastoiare i cavalli e scavare le latrine, secondo schemi studiati e consuetudinari. A tutti gli effetti le legioni erano moderne squadre sportive, chiamate a opporsi a eserciti confusionari e disorganizzati, il cui unico vantaggio era la superiorità numerica, il più delle volte evidentemente insufficiente. O almeno a dirlo è la Storia. E anche qui si potrebbero ritrovare analogie tra eserciti Nato e russi. Ma se si guarda alla contemporaneità, quali sono gli edifici, o i progetti architettonici, più emblematici di oggi? I parallelismi infatti proseguono.