Conosci davvero chi ama il tuo brand? Sai cosa vuole e in che contesto è immerso? La verità è che solo io so cosa voglio davvero. Anzi, ‘lei non sa chi sono io’, verrebbe da dire. Non si tratta di scrivere di ironia o filosofia. Il punto è riflettere sulla qualità del dato consumatore. Un passo indietro! L’identità di chiunque nel mondo digitale è intermediata da soluzioni tecnologiche finalizzate al controllo del dato da parte della marca e alla minimizzazione delle frodi in qualsiasi scambio. Qualsiasi attore che voglia vendere i propri prodotti raccoglie informazioni sulle persone. Le marche identificano i consumatori da un indirizzo e-mail, una navigazione loggata (logged-in; una volta su due), o la marcatura tramite cookie dei prospect clients. In un mondo che si allontana dai cookie, l’unica maniera di riconoscere i Vip è attraverso un lento e continuo arricchimento dei dati cliente, attorno a un’email in Europa, a un numero di cellulare negli Stati Uniti e a un account WeChat in Cina.
Il trade-off è la proprietà del dato da parte della marca, a cui corrisponde una serie di benefici, il cui scopo è quello di accrescere l’ingaggio dei consumatori e stimolarne la fidelizzazione. Uno dei programmi migliori al mondo è quello di Starbucks, che possiede i dati personali di 20 milioni di fanatici del caffè, e arriva a calibrare il marketing intorno a ‘personas’, ovvero segmenti, che risponderanno più prontamente a offerte costruite ad hoc. Il limite del Web2 è qui: sarebbe troppo oneroso costruire un’offerta dinamica su base one to one, e in realtà non si sa neppure cosa ciascuno dei nostri fan vuole in un preciso istante, senza chiederglielo. Sarebbe rischioso anche da un punto di vista legale, perché non si ha uno strumento di tracciamento, verifica e risposta in digitale di migliaia di transazioni al secondo.
Fino ad ora. La Blockchain aggiunge un livello di dettaglio, impatto ed efficienza a quello che si poteva fare. L’idea non è quella di abbandonare il vecchio Crm, ma di affiancarlo a un ulteriore strato di ‘cura’ di quei Vip che vogliono collaborare con il brand per co-creare esperienze uniche. In primo luogo, l’identificazione del fan avviene attraverso un wallet, che permette a chiunque, una volta passato un processo di Kyc (know your customer), di essere parte attiva di una comunità. In secondo, la ownership dei dati rimane al fan, che decide quando e dove mettersi in gioco, in cambio di ricompense e benefici, elargiti alla persona giusta, al momento giusto e proporzionalmente al suo desiderio di mettersi in gioco, con un servizio dinamico e istantaneo, che solo uno smart contract su blockchain può garantire.
Dopo Settembre 2022, la nuova Ethereum viaggia a circa 100mila transazioni al secondo, a un costo per operazione infinitamente inferiore a qualsiasi transazione finanziaria nel mondo del Web2, senza errori e rischi. La marca ricompensa in maniera efficiente quella parte della propria base che ha voglia di accrescere il capitale sociale della comunità, mentre i fan sono in controllo del proprio capitale sociale e possono godere a pieno del proprio status per ricevere benefici che tangibilmente vanno ad arricchire la loro utilità.
Per tornare a Starbucks, un Vip che acquista in un flagship di New York, e poi in uno in franchising a Milano (gestito da Percassi) e poi online a Dubai (magari con una struttura ibrida) non viene riconosciuto e servito come merita, proprio per la difficoltà di identificare il fan tra database che non comunicano tra loro, e per l’incapacità di un sistema, basato su personas, di rispondere in modo istantaneo a uno storico cliente unico.
La Blockchain, essendo un registro distribuito, garantisce la visibilità di tutti gli attori certificati, e restituisce un servizio personalizzato, grazie alla sua programmabilità. Il futuro del marketing sta nella personalizzazione assoluta e nella co-creazione, rese possibili dalla Blockchain.
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