Fino a non molto tempo fa esisteva un ampio consenso sul fatto che le aziende familiari fossero più adatte a epoche passate. In un’economia moderna, basata sulle regole della globalizzazione, l’aspettativa era che le imprese a controllo familiare sarebbero state spinte ai margini dall’ascesa di società pubbliche (con azionariato diffuso) e gestite da manager professionisti. Infatti queste sarebbero state in grado di beneficiare di una maggiore capacità di raccolta di capitali e attrazione di lavoratori qualificati ottenendo quindi profitti più elevati.
Eppure, diversi decenni di globalizzazione e complessità aziendali sempre maggiori, non hanno cancellato dal panorama le aziende familiari, neanche quelle quotate in borsa. Anzi, oggi si riscopre che le entità controllate dalla famiglia fanno in tanti casi un lavoro migliore, in quanto operano con una prospettiva di lungo termine e con maggiore successo (anche in virtù di una gestione più disciplinata dei costi) rispetto alle aziende non familiari. Si crede, infatti, che maggiore è l’influenza della famiglia fondatrice, migliore sarà la stabilità e sostenibilità dell’impresa. La famiglia mantiene vivo l’interesse a gestirle a lungo termine, non focalizzandosi esclusivamente sul raggiungimento di determinati obiettivi trimestrali.
In finanza, le opinioni e le percezioni contano fino a un certo punto, conviene quindi far parlare i dati e commentare i risultati. In questo caso l’analisi svolta è piuttosto semplice e consiste in un confronto tra indici di borsa. A rappresentare le Family Owned Companies è dunque l’indice Solactive Global Family Owned Companies, mentre a rappresentare il mercato globale, inteso nel suo senso più ampio possibile, si è scelto l’intramontabile Msci World Index. Infine, più per curiosità che per appropriatezza di paragone, si è inserito un terzo elemento di confronto, l’indice tecnologico statunitense Nasdaq 100.
Come è costruito l’indice Solactive? L’universo azionario di partenza è costituito dal Global Family Business Index (lanciato da E&Y e Università di San Gallo), che comprende le 500 maggiori società a conduzione familiare del mondo per fatturato. Le quotate in borsa sono considerate a conduzione familiare solo se una famiglia detiene almeno il 32% dei diritti di voto, devono avere una capitalizzazione di mercato minima di 1 miliardo di dollari e un volume di scambi giornaliero medio minimo di 10 milioni di dollari negli ultimi tre mesi. Per fare alcuni esempi, tra i primi dieci nomi che compongono l’indice si trovano: Berkshire Hathaway, Henkel Ag, Walmart, Exor, Roche e Constellation Brands.
Il paragone fra i tre indici può essere fatto a partire dal 21 gennaio 2005 (una storia lunga quasi vent’anni) e deve essere in termini total return (comprensiva dei dividendi). I dati sono espressi in dollari.
Un primo dato che emerge è quanto dovrebbe essere chiaro a tutti ormai da diversi anni: quasi nessun indice regge il confronto con il Nasdaq e, più si allunga l’orizzonte, più il confronto è demoralizzante (per gli altri indici). Tra il 2014 e il 2018 il Nasdaq ha iniziato a guadagnare terreno rispetto agli altri, fino a raggiungere distacchi estremamente significativi e difficilmente colmabili. Per un confronto ad armi pari e una lettura più nitida è quindi necessario rimuovere il Nasdaq.
Guardando però al solo Msci World, dunque senza il Nasdaq, il quadro diventa sicuramente più interessante e confrontabile. Alcune evidenze emergono.
Prima della Crisi finanziaria, l’indice Solactive era sostanzialmente allineato all’MsciWorld, infatti, tra il 2005 e il 2008 l’andamento dei due era abbastanza sincrono. La Crisi interrompe questo allineamento e rimescola le carte a favore dell’indice delle società a controllo familiare. Dal 2009 in poi emerge un ‘vincitore’ e, posando la lente sul periodo 2008-2015, si riesce a percepire l’entità del distacco a favore del Solactive.
Nonostante siano state, tra il 2008 e il 2009, la tipologia di aziende che ha maggiormente accusato l’impatto della crisi, le aziende familiari sono riuscite, e più delle altre, a invertire la tendenza e intraprendere percorsi di crescita premianti, anche dal punto di vista dell’andamento in borsa. Il vantaggio, in alcuni periodi anche molto consistente, viene mantenuto per diversi anni, sostanzialmente fino all’arrivo dell’emergenza pandemica, a cui è succeduta la tensione sui tassi d’interesse (2022). Nell’ultimo trimestre del 2023 è infatti avvenuto il sorpasso da parte dell’indice Msci World.
Tuttavia il trend che ha portato alla (temporanea?) sovraperformance dell’indice Msci rispetto al Solactive inizia verso la fine del 2017. Quali sono i fattori che hanno determinato questa inversione?
La risposta si trova nei titoli che compongono il Solactive. Si notano due differenze fondamentali con l’Msci: da un punto di vista settoriale, la quota piuttosto residuale di tecnologia; da un punto di vista geografico, la sottoponderazione degli Stati Uniti a favore del mercato Europeo. Questa differenza negli ultimi 7-8 anni ha giocato un ruolo decisivo. L’assenza in portafoglio delle ‘Magnifiche 7’ ha creato le condizioni per il recupero e sorpasso dell’Msci World.
L’aumento delle quotazioni di questi titoli ha reso infatti gli indici che li contengono molto dipendenti (e avvantaggiati) dalla loro presenza, in termini di ponderazione e contributo alla performance. Più sale la capitalizzazione di borsa e più si innesca un ribilanciamento degli indici, che a loro volta favorisce l’afflusso di capitali verso queste società quando milioni di investitori in fondi passivi incrementano l’esposizione azionaria, creando così un circolo che si autoalimenta. Questo meccanismo ha causato, di conseguenza, un aumento della concentrazione del mercato azionario globale verso gli Stati Uniti.
Quali conclusioni si possono trarre da questo confronto? Con riferimento al passato, si può affermare che l’indice delle aziende familiari sia stato molto performante, a fronte di una buona diversificazione geografica e settoriale. Per molto tempo è stato capace di ‘vincere’ il confronto con l’altro indice. Al contrario, in riferimento agli anni più recenti, sta soffrendo la forza straripante dei primi nomi di Wall Street (che, non essendo ‘familiari’, non fanno parte dell’indice).
Agli investitori l’ardua sentenza: meglio una Borsa “in famiglia” o continuare a stare agganciati all’inarrestabile treno dei grandi di Wall Street?
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